La maratona e la messa in esercizio dei progetti

nyDomenica 7 è stato il grande giorno e ho finalmente corso la maratona di New York. Parlandone con amici e colleghi tutti rimangono maggiormente colpiti dalla corsa in sé, da come si svolge e dalle sue dinamiche, ma la corsa è solo la messa in esercizio di un progetto che nel migliore dei casi comporta sei-dieci mesi di lavoro. Nel mio caso ho fatto il conto che in termini gestionali il progetto “Maratona di New York” ha comportato all’incirca un impegno di 500 ore/uomo distribuite su un tempo di calendario di 18 mesi. Un progetto quindi che ha richiesto una lunga preparazione e un lavoro considerevole, per poi essere messo in esercizio in poche ore in cui ci si gioca tutta la qualità dell’output erogato.

Ci pensavo durante i primi chilometri mentre attraversavo il quartiere di Brooklyn e avvertivo il disagio delle prime folate di aria fredda: cercavo di capire quanto l’attenta preparazione svolta mi mettesse al riparo dai rischi che sono sempre dietro l’angolo. L’analogia con i progetti che mi trovo normalmente a gestire era lampante, si lavora ad esempio per mesi per preparare una soluzione informatica e negli ultimi giorni si va  in esercizio, la si rilascia in un ambiente di esercizio (normalmente diverso e più ostico di quello di collaudo) e i margini di recupero sugli eventuali inconvenienti sono risicatissimi, si rischia il fallimento del progetto per un nonnulla.

A quel punto mi sono venuti in aiuto due aspetti comuni con il project management: la strategia di rilascio del progetto con una particolare focalizzazione sulla gestione delle variabili: costo (lo sforzo fisico impegnato), tempo, qualità e ambito (azione di corsa e ritmo), rischi e benefici (arrivare, in buone condizioni e in un tempo ragionevole). Potrà sembrare strano ma nel complesso si può dire che ho applicato dei principi simili a quelli codificati nella metodologia PRINCE2: ho suddiviso la prova in fasi (nel mio caso rispettivamente due fasi iniziali di 10 km ciascuna, seguite da 4 fasi di 5 km ciascuna e un ultima fase di 2.195 km) e le ho gestite  come fossero delle corse a sé stanti.  Questo mi ha permesso di controllare molto meglio il mio stato fisico, la mia azione di corsa, di gestire molto meglio la disponibilità di risorse e i margini relativi e quindi di avere un miglior controllo sui rischi eventuali. Al termine di ciascuna fase ‘resettavo’ il progetto, valutavo i margini di tolleranza sul ritmo tenuto e il ‘budget di rischio’ ancora a disposizione. Con questo sono riuscito a gestire e risolvere al meglio tutti gli inconvenienti che si sono presentati (aria fredda a tratti e in due momenti un paio di problemi articolari) e ad arrivare al traguardo che avevo ancora un leggero margine da spendere.

Il tutto però a funzionato perché era stato debitamente provato e riprovato in allenamento, sotto la guida di un allenatore esperto!

Progettare gli acquisti e le vendite internazionali

Nella mia esperienza professionale ho avuto modo di occuparmi anche di progetti che riguardavano lo sviluppo della presenza internazionale delle imprese. Insieme ad un collega inglese esperto di commercio internazionale abbiamo messo a punto nel corso degli anni una metodologia modulare di supporto allo sviluppo commerciale che si basa su un forte elemento di project management.

Hong Kong - la porta della CinaIl punto di partenza era stata la constatazione di quanto poco i progetti commerciali internazionali delle aziende vengano gestiti e controllati, sia che si tratti di progetti di espansione commerciale, sia che si tratti di progetti di delocalizzazione produttiva. Si era constatato come il concetto di business case, quindi di controllo rigoroso dei costi/benefici, che dovrebbe essere la stella polare di un progetto, soprattutto se commerciale, fosse gestito nella maggior parte dei casi in maniera abbastanza approssimativa e nebulosa.

Da un lavoro svolto in collaborazione con una primaria banca italiana a supporto di circa 50 medie aziende attive a livello internazionale era risultato che il livello di applicazione di metodiche di pianificazione strategica e controllo dei progetti era piuttosto scarso. Il quadro che ne usciva rivelava una forte capacità di ‘arrangiarsi’ ma con una scarsa applicazione di metodiche strutturate. Aree cruciali quali la pianificazione strategica di breve e lungo periodo,  i piani di supporto alla distribuzione locale, le metodiche di controllo della distribuzione locale, i piani riguardanti la ricerca e sviluppo, la gestione dei rischi e la pianificazione finanziaria del rientro sugli investimenti erano presidiate in modo approssimativo.

Ne è nata quindi l’idea di strutturare un’apposita offerta di consulenza e formazione per rinforzare nelle aziende la capacità di affrontare i mercati internazionali forti di linee guida e strumenti di project management adeguati: abbiamo inventato quindi il sistema modulare che nella sua semplicità è  forte di step ben definiti e checklist operative che consentono l’attuazione di una vera e propria ‘strategia da sbarco’ commerciale e produttiva. Nel tempo si è affinato e reso maggiormente robusto il modello andando ad integrare elementi delle best practice PRINCE2 e PMBoK.

Alla prova dei fatti il modello ha dimostrato la propria validità, ma sopratutto ha dimostrato che anche i progetti commerciali necessitano di solide basi di project management.

Chi fosse interessato avrà modo di approfondire e dibattere con me il tema seguendo il mio webinar del 26 ottobre dal titolo Progettare gli acquisti e le vendite internazionali (live alle ore 16.00) sul portale di Microsoft Aula PMI, che potete raggiungere cliccando su questo link.

Una buona strategia nel lungo periodo paga sempre

Lo spunto me lo ha dato qualche giorno fa una collega che era, per così dire, giù di corda per via di una … avete presente quelle giornate in cui sembra che nulla giri per il verso giusto, che il tanto lavoro fatto non sembra dare dei risultati, in cui ci si sente un po’ sopraffatti e in balia degli eventi, nei quali viene e da dire ‘ok, adesso la pianto qui e aspetto domani perché oggi non c’è nulla che vuol saperne di andare per il verso giusto’? Ecco, una di quelle giornate lì, saranno capitate anche a voi.

684737_sPensando a come risollevare il morale della collega mi sono venute in mente alcune giornate che mi hanno visto tornare a casa da un allenamento con le proverbiali ‘pive nel sacco’. E mi è venuto in mente quello che mi ha detto il mio allenatore una volta che sono andato in crisi dopo 30km e mi sembrava proprio che tutto il lavoro fatto fin lì fosse evaporato: la forma non si può perdere in una settimana.

Senza entrare nel merito, tutti i metodi di allenamento per le varie discipline sportive hanno in comune il fatto di cercare di instaurare un trend positivo, che pur con oscillazioni in alto e in basso, porti a un graduale incremento delle prestazioni fino a raggiungere un obiettivo di forma prefissato il giorno della gara. A ben pensarci, questa è una lezione di strategia che spesso trascuriamo nel lavoro e nella gestione dei progetti.

Ci facciamo prendere dal panico e tendiamo a ridurre tutto quello che è stato fatto (e che sarà da fare di lì in poi) all’esito di un singolo episodio, dimenticandoci che invece l’esito del lavoro svolto dipende da quanto saremo stati bravi a impostare bene il lavoro nel lungo periodo e a portarlo avanti giorno per giorno, con costanza e perseveranza. Nella mia esperienza è capitato varie volte che progetti impostati bene, finiti nel cassetto per le ragioni più svariate e dati per morti siano risorti all’improvviso, anche dopo diversi anni, dando dei frutti in cui nessuno ormai sperava più.

Il buon lavoro e una buona strategia alla lunga pagano sempre, anche se ci sono giorni di ‘blackout’ in cui tutto sembra non funzionare. Così infatti è stato anche per la mia collega, il suo progetto è andato bene.