Come funziona Kanban: ottimizzare i processi aziendali con la Teoria dei Vincoli (TOC) in Kanban

In questo articolo vi parlo di come funziona Kanban, approfondendo come sia possibile ottimizzare i processi aziendali con la Teoria dei Vincoli (TOC) in Kanban. La Teoria dei Vincoli (TOC), introdotta da Eliyahu M. Goldratt negli anni ’80 del secolo scorso, è un approccio che mira a migliorare le prestazioni delle organizzazioni concentrandosi su quei pochi fattori che limitano la produttività. TOC si basa su un concetto fondamentale: ogni sistema ha un vincolo che ne determina la capacità massima. Pertanto, il miglioramento complessivo dipende dall’individuazione e dalla gestione del vincolo più critico.

Cosa sono i Vincoli?

Un vincolo, nella Teoria dei Vincoli, è qualsiasi elemento che impedisce a un sistema di raggiungere i suoi obiettivi perché costituisce un collo di bottiglia. Questo elemento può essere una risorsa scarsa, una politica aziendale, una fase produttiva, o addirittura la domanda di mercato. Come Goldratt descrisse, i vincoli sono come l’anello debole di una catena: è inutile rinforzare gli altri anelli se non si rafforza quello che effettivamente limita la resistenza dell’intero sistema.

I cinque passaggi della Teoria dei Vincoli

Per applicare la TOC, Goldratt ha proposto cinque passaggi che aiutano a identificare e gestire i vincoli in maniera sistematica:

  1. Individuare il vincolo: Il primo passo è capire quale parte del sistema limita il rendimento complessivo. Ad esempio, può essere un macchinario lento in una linea di produzione o una fase burocratica in un processo amministrativo.
  2. Sfruttare il vincolo: Una volta identificato il vincolo, è necessario massimizzare il suo rendimento. Bisogna ottimizzarne l’uso, assicurandosi che non ci siano interruzioni e che funzioni al massimo della sua capacità.
  3. Subordinare tutto al vincolo: In questo passaggio, si adattano tutte le altre fasi del processo alla capacità produttiva del vincolo. Ciò significa che le altre risorse non dovrebbero produrre oltre la capacità del vincolo, per evitare l’accumulo di work in progress o ritardi in altre parti del sistema.
  4. Elevare il vincolo: Se il vincolo continua a limitare la produttività, bisogna prendere misure per aumentare la sua capacità. Questo può includere l’acquisto di nuove attrezzature, l’assunzione di personale aggiuntivo o il cambiamento di politiche che causano inefficienze.
  5. Ricominciare il ciclo: Una volta che il vincolo è stato elevato o eliminato, è possibile che emerga un nuovo vincolo. Il processo ricomincia, garantendo un miglioramento continuo.
Schematizzazione del sistema Drum, Buffer e Rope (DBR)

Drum, Buffer e Rope

Un concetto chiave all’interno della TOC è il modello Drum, Buffer, Rope (DBR), che aiuta a sincronizzare i processi produttivi attorno al vincolo.

  • Drum (Tamburo): Il tamburo rappresenta il ritmo del sistema, imposto dal vincolo. Questo ritmo determina la cadenza a cui tutto il sistema deve operare, come un tamburo che scandisce il passo.
  • Buffer (Cuscinetto): Il cuscinetto è una riserva di lavoro che viene posta prima del vincolo, garantendo che esso non resti mai inattivo. Il buffer serve per assorbire le eventuali fluttuazioni o inefficienze in altre parti del sistema, proteggendo il vincolo da ritardi.
  • Rope (Corda): La corda è il meccanismo di comunicazione che collega i processi a monte del vincolo. Serve a controllare il flusso di lavoro verso il vincolo, evitando sovrapproduzione. La corda sincronizza il ritmo dell’intero sistema con quello del vincolo.

Applicazione della TOC con il Metodo Kanban

Il metodo Kanban integra perfettamente la TOC per la gestione dei vincoli nei flussi di lavoro, vediamo come:

  1. Individuare il vincolo: Attraverso l’uso di una Kanban board e delle metriche Kanban, è facile individuare il vincolo osservando dove si accumula il lavoro e misurando i tempi di attraversamento di ciascuna fase di lavoro. Le aree dove il lavoro si accumula indicano i colli di bottiglia. Questo rende visibile il vincolo, consentendo all’organizzazione di intervenire su di esso.
  2. Sfruttare il vincolo con Kanban: Una volta identificato il vincolo, la TOC consiglia di massimizzare il suo utilizzo. Kanban, grazie al suo meccanismo di “pull” (tirare il lavoro in base alla domanda), consente di gestire il flusso di lavoro in modo che il vincolo operi al massimo della sua capacità senza essere sovraccaricato.
  3. Subordinare tutto al vincolo: Kanban è eccellente nel subordinare le altre risorse al ritmo del vincolo. Con i limiti di WIP (Work In Progress), il metodo Kanban controlla che le risorse a monte non producano troppo, evitando che il vincolo venga sopraffatto dal carico di lavoro.
  4. Elevare il vincolo: Quando il vincolo raggiunge la sua capacità massima, l’organizzazione può decidere di investire per aumentarne la capacità. Ad esempio, potrebbe voler migliorare una fase del processo o aumentare le risorse a disposizione del vincolo. Anche in questo caso Kanban può evidenziare i miglioramenti implementati e facilitare la gestione del cambiamento.
  5. Iterare con Kanban e TOC: La combinazione di TOC e delle altre pratiche Kanban offre un ciclo continuo di miglioramento. Man mano che un vincolo viene risolto, Kanban permette di monitorare visivamente e misurare se emerge un nuovo vincolo e dove intervenire.

Un esempio pratico: l’Onboarding dei dipendenti

Utilizzando Kanban e la TOC un dipartimento di risorse umane ha migliorato drasticamente le proprie prestazioni, come ho già raccontato in un case study precedentemente pubblicato e approfondito in un webinar. Il dipartimento di risorse umane stava cercando di migliorare il processo di Onboarding dei nuovi dipendenti. Applicando Kanban, il team di lavoro ha visualizzato l’intero processo, dalla presa in carico fino all’integrazione dei nuovi arrivati nell’organizzazione, e ha cominciato a misurare i tempi di percorrenza delle varie fasi. Nel corso del tempo, si è osservato che una fase particolarmente lenta era quella legata alla firma del contratto, dove i nuovi assunti restavano disorientati dalla procedura di firma digitale, con l’effetto che questa fase del processo si protraeva per giorni, se non per settimane.

Seguendo la TOC, si è identificato questo come il vincolo. Si è stabilito che la fase di firma del contratto dovesse determinare il ritmo e la velocità di tutto il flusso di lavoro (drum). Si poi è creato un piccolo buffer di candidati pronti per firmare il contratto, in modo da non fare mai mancare lavoro alla fase che limita la velocità di tutto il processo. Infine, il flusso di lavoro è stato controllato tramite la ‘corda’ (rope), rappresentata dai limiti di WIP all’ingresso e lungo il flusso, in modo da non aggiungere troppi nuovi candidati nel processo fino a quando la fase di firma del contratto non fosse in grado di gestirli.

Il risultato immediato è stato quello di riuscire a stabilizzare il flusso di lavoro e renderlo prevedibile. Successivamente il vincolo è stato elevato, ovvero la fase di firma del contratto è stata ottimizzata, per accelerarla e di conseguenza accelerare tutto il processo. Questo ha permesso il dimezzamento del tempo di processo totale nel giro di circa un mese. Iterando poi il ciclo di miglioramento, nell’arco di un anno si è ottenuta una riduzione pari a quasi il 90% del tempo di processo totale.

Conclusione

La Teoria dei Vincoli all’interno del metodo Kanban è uno strumento estremamente potente per ottimizzare i processi aziendali. Mentre la TOC individua e affronta i vincoli che limitano le prestazioni, altre pratiche Kanban permettono di gestire in modo sistemico e flessibile il flusso di lavoro. La combinazione di questi approcci offre un ciclo continuo di miglioramento, rendendo l’organizzazione più efficiente, adattabile e pronta a rispondere ai cambiamenti.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Migliora il tuo project management con Kanban: Churchill ci insegna a scrivere le policy

Una delle pratiche generali del metodo Kanban è ‘Esplicita le Policy’ (Make Policies Explicit), che da un punto di vista pratico significa definire, scrivere e rendere chiare a tutti le regole di funzionamento del proprio sistema Kanban. Nella mia esperienza di coach osservo che questo è un aspetto spesso poco considerato, mentre invece è di un’importanza cruciale.

In questo articolo vi riporto e commento un famoso dispaccio declassificato di Winston Churchill, primo ministro britannico durante la seconda guerra mondiale, che ci insegna come si scrivono le policy. E ci insegna anche a cosa servono le policy.

A cosa servono le policy

Le policy definiscono come si svolge il lavoro in ogni fase del processo, come viene visualizzato il lavoro, come vengono prese le decisioni e quali sono gli interlocutori con cui relazionarsi, sia all’interno dell’organizzazione di servizi che con i clienti. Rendere esplicite le policy è essenziale per rendere il flusso di lavoro stabile e affidabile.

Il dispaccio di Churchill definisce una policy che spiega in modo chiaro e per punti le modalità secondo cui devono essere scritti i report perché siano efficaci. Lo stesso vale per le policy dei sistemi Kanban, sono istruzioni operative che devono descrivere cosa fare perché il flusso di lavoro funzioni efficacemente.

Peraltro chi si occupa di progetti e project management non può non notare il richiamo del dispaccio ad evitare di produrre carta e burocrazia inutile e limitarsi all’essenziale. Anche questo è un insegnamento che ritroviamo nel metodo Kanban. Per esempio la pianificazione dei progetti con Kanban permette di elaborare una previsione affidabile dei tempi e costi di progetto in modo rapido, economico ed efficace, senza inutili appesantimenti.

Come si scrivono le policy

Le policy devono quindi essere scritte in linguaggio semplice e comprensibile a tutti, sono istruzioni operative, non devono impressionare qualcuno ma essere applicate sistematicamente in modo tale da aiutare la stabilizzazione del flusso di lavoro.

Il dispaccio di Churchill è scritto nelle stesse modalità che descrive, in modo tale da essere esso stesso un esempio di come si scrivono i report. Per questo mi pare che sia un ottimo esempio di guida pragmatica, attuabile e basata su evidenze, come ci insegna a fare anche il metodo Kanban.

Spesso riscontro invece nelle aziende una preoccupazione per la forma con cui vengono scritte le policy. In una certa misura è comprensibile, ma non deve portare a perdere di vista la sostanza, come invece succede troppo spesso. La prerogativa dei sistemi Kanban non è quella di essere formalmente ineccepibili, quanto quella di funzionare in modo affidabile ed evolvere nel tempo.

A chi servono le policy

Le policy servono a chi opera sul flusso di lavoro per sapere come deve comportarsi nelle varie situazioni. Il team è chiamato a definire le policy che permetteranno di lavorare meglio e poi a rispettarle o a modificarle se non sono funzionali. In questo senso più che la scrittura delle policy è importante la loro applicazione. Se sapremo portare i flussi di lavoro ad essere stabili, sapremo poi anche evolverli, altrimenti no. Troppe volte vedo policy, anche pensate bene, che poi restano all’atto pratico lettera morta.

Di nuovo ci è di ispirazione il dispaccio di Churchill, che nell’ultimo paragrafo riassume il senso profondo del metodo Kanban: “la disciplina di esporre i punti concreti in modo conciso si rivelerà un aiuto per una maggiore chiarezza di pensiero”. E conseguentemente di azione.

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Migliora il tuo Project Management con Kanban: gestire ed evolvere un’organizzazione che eroga servizi

Il metodo Kanban è uno strumento efficace per stabilizzare e poi evolvere in modo efficace ogni organizzazione che eroga servizi. Ho già raccontato in un precedente articolo come sia possibile utilizzare Kanban per misurare ed equilibrare i carichi di lavoro tra flussi di lavoro diversi. Questo è reso possibile dal fatto che i flussi vengono analizzati come se fossero indipendenti uno dall’altro, ciascuno di loro viene gestito e stabilizzato fino a farlo diventare affidabile e robusto a prescindere da ciò che accade nel resto del sistema. Infine si cerca di equilibrare in modo empirico e sperimentale la rete dei flussi collegati insieme, sempre però evitando la centralizzazione del controllo, che porterebbe il sistema complessivo a essere fragile. Al contrario una rete di sistemi Kanban è resiliente perché l’eventuale degradarsi di una parte ha sempre un impatto limitato sul resto del sistema.

L’applicazione di Kanban ai servizi

La funzione IT di Grow, l’azienda citata nel precedente articolo, che ricordo utilizza processi e ruoli basati sul framework ITILv3, ha la possibilità di equilibrare i carichi perché nell’arco di qualche anno ha fatto evolvere costantemente la propria struttura basandosi sulla logica sopra descritta. Nell’immagine si può vedere come il nucleo del sistema si basi oggi su tre sistemi Kanban, interconnessi ma indipendenti. Il primo è l’IT Portfolio, il flusso di lavoro che permette in modo trasparente di orchestrare tutti gli altri servizi e di destinare le risorse dove necessario. Il secondo è il Service Desk, flusso che gestisce il supporto agli utenti (richieste di servizio e incidenti). Il terzo è l’IT Workflow, flusso che elabora tutti gli elementi di lavoro relativi ai processi ITIL necessari far funzionare i servizi IT erogati dal sistema complessivo.

Le altre funzioni aziendali di Grow, che sono i ‘clienti’ della funzione IT, e che a loro volta sono in parte gestite con sistemi Kanban – come per esempio l’HR – interagiscono con il Service Desk per quanto riguarda l’operatività corrente e con l’IT Portfolio per richiedere tutti i miglioramenti ai servizi utilizzati. L’IT Portfolio indirizza i miglioramenti di piccola entità (Change Request – CR) all’IT Workflow, che li processa. Invece i miglioramenti di maggiore entità (Progetti) vengono indirizzati a un sistema Kanban specifico per la gestione dei progetti.

L’applicazione di Kanban ai progetti

La funzione IT di Grow ha un sistema di project management che si basa su PRINCE2 e AgilePM e anche nel caso dei progetti ha fatto evolvere il proprio project management grazie ai sistemi Kanban sviluppati al proprio interno. Il sistema Kanban del Progetto orchestra in modo trasparente il progetto stesso e indirizza lo sviluppo dei componenti ai vari team, che nel caso della nostra funzione IT sono per lo più dei fornitori esterni.

I fornitori esterni nella quasi totalità dei casi non utilizzano un sistema Kanban, ma come detto la loro eventuale instabilità impatta in modo limitato i sistemi Kanban interni che mantengono autonomamente la propria stabilità. Dai fornitori esterni possono anche ritornare delle richieste all’IT Workflow, per esempio per i test dei sistemi informatici che sono sviluppati dal progetto, oppure per i cambi di configurazione dei servizi modificati dal progetto.

Il sistema Kanban di Progetto, infine, non vede l’IT Portfolio solo come ‘committente’, ma interagisce anche con esso per richiedere eventuali CR fuori dal proprio ambito.

Mantenere il sistema bilanciato

E’ necessario sottolineare di nuovo l’importanza che hanno avuto e che hanno nel sistema dell’IT di Grow lo sviluppo, la gestione e la stabilizzazione di ciascuno dei flussi e dei sistemi Kanban in modo indipendente ma interconnesso. In questo modo l’IT di Grow riesce mantenere affidabili e robusti i flussi a prescindere dal funzionamento del resto del sistema e allo stesso tempo disporre di un sistema complessivo sostanzialmente prevedibile e resiliente.

Il metodo Kanban mette a disposizione numerosi strumenti e un metodo di sviluppo evolutivo consolidato per arrivare a questo risultato, senza sostituire i metodi di service management e project management già in uso, ma semplicemente aiutando ad utilizzarli meglio e a potenziarli, come avvenuto in Grow.

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Pillole di Kanban applicato: la gestione del centro prelievi

Qualche tempo fa, era il primo giorno di lavoro dopo un ‘ponte’ festivo, mi sono recato a un centro prelievi per fare i classici esami del sangue di routine. Il centro in questione è piuttosto rinomato per la propria efficienza e organizzazione ma ho potuto constatare che ci sono dei margini di miglioramento. Il metodo Kanban può aiutare a gestire meglio anche il centro prelievi.

Dopo una prima coda relativamente ben gestita (sala d’attesa con sedili e un sistema eliminacode informatico collaudato) mi sono ritrovato all’accettazione, ho fatto il check-in e subito dopo sono iniziati i problemi.

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Una gestione difficoltosa delle code per i prelievi

Innanzitutto non erano chiare le istruzioni su cosa fare dopo, ho visto una coda di una decina di persone in fila e mi sono accodato anche io. Salvo scoprire dopo qualche minuto che no, quella era già la fila per il prelievo mentre io dovevo andare prima da un’altra parte a farmi dare le provette, soltanto che lo ho scoperto quando me lo ha spiegato una gentile signora che era in coda prima di me. Mi sono recato quindi al banco in cui consegnavano le provette e dopo un’attesa di qualche minuto, per via di due persone in fila prima di me, ho avuto le mie provette. Sono quindi tornato a mettermi in fila per il prelievo e avevo ovviamente perso il posto nella fila che nel frattempo era aumentata a circa 15 persone.

Mentre attendevo il prelievo (l’attesa è durata circa 40 minuti) ho notato la presenza di un’addetta al supporto degli utenti in sala, la quale si limitava semplicemente a guardare la coda. Non si poneva minimamente il problema di gestire o dare una priorità alla coda: c’erano persone anziane o con limitazioni motorie che mostravano evidenti difficoltà ad attendere in piedi in coda, però se si mettevano sedute su dei sedili che c’erano a lato della coda, venivano regolarmente saltate dai soliti furbi che fanno finta di non accorgersi degli altri. L’addetta al supporto degli utenti in sala, se interpellata, si limitava a esprimere con fare rassegnato un inutile parere (peraltro basato su considerazioni del tutto soggettive) sul fatto che ‘sì, il primo giorno dopo il ponte è sempre così, la paghiamo sempre’.

Come Kanban potrebbe essere di aiuto

L’introduzione del Metodo Kanban potrebbe portare dei benefici a quel centro prelievi. Innanzitutto l’addetta al supporto degli utenti in sala potrebbe assumere il ruolo di Flow Manager in modo tale da operare attivamente per il bilanciamento del flusso. Si potrebbero quindi stabilire delle Classi di Servizio differenziate, privilegiando i gruppi di utenti con difficoltà motorie e facendoli passare con priorità.

Non potendo ovviamente spostare il personale dal check-in alle sale prelievi per accelerare il collo di bottiglia costituito dalle sale prelievi stesse (al check-in c’è personale amministrativo, alle sale prelievi ci sono medici) si potrebbe però provare a rallentare il check-in in modo da spostare il collo di bottiglia a monte nel flusso con il vantaggio di diminuire la coda e l’attesa (in piedi) alla sala prelievi, aumentando la coda e l’attesa (seduti) in sala d’aspetto e stabilizzando il flusso a valle del check-in. Si potrebbe quindi spiegare agli utenti in sala d’aspetto perché l’attesa del check-in sia più lunga del solito.

Guardando un po’ più lontano poi, considerato che l’afflusso di utenti dopo le festività è un fenomeno ben noto e misurabile che si può analizzare, si potrebbe prevedere una maggiore presenza di medici in sala prelievi in quei giorni in cui si prevede un maggiore carico, in modo da mantenere lo stesso livello di servizio a fronte di carichi più elevati.

Tutte quelle citate sono pratiche del Metodo Kanban che possono essere utilmente implementate per migliorare differenti tipologie di servizi. Anche i servizi aziendali non sono diversi: monitorando, misurando e gestendo i flussi possiamo renderli stabili, prevedibili e affidabili per garantire ai nostri clienti, interni o esterni che siano, i livelli di servizio desiderati.

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Pillole di Kanban applicato: la gestione del supermercato del bricolage

Qualche domenica fa ho deciso di fare delle riparazioni in casa e mi sono recato a un vicino supermercato del bricolage. Giunto sul posto mi sono accorto che molti avevano avuto la stessa idea e il negozio era pieno. Ho cominciato a preoccuparmi, ma volevo fare la riparazione in casa, per cui sono andato a prendere quello che mi serviva sugli scaffali e mi sono poi messo pazientemente in coda. E mentre aspettavo ho imparato qualcosa su Kanban dalla gestione di un supermercato del bricolage.

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Prima coda e prima misurazione

Avevo davanti 20 persone ed erano aperte 3 casse. Con mia sorpresa in 9 minuti esatti ero fuori dal supermercato con lo scontrino in mano.

Giunto a casa e fatta una parte del lavoro ho capito che mi servivano anche viti di un tipo diverso e sono tornato al supermercato del bricolage per prenderle. Nel tardo pomeriggio il negozio era ancora più pieno e a quel punto ho davvero temuto di metterci molto tempo quando mi sono rimesso in coda.

Seconda coda, seconda misurazione e una conferma

La coda era raddoppiata e le casse aperte erano 5. Con mia sorpresa di nuovo in 9 minuti esatti ero fuori dal supermercato con lo scontrino in mano.

A quel punto mi sono incuriosito e mi sono fermato ad osservare la dinamica: è risultato abbastanza evidente che i flussi erano monitorati, misurati e gestiti in modo dinamico come si fa in un sistema Kanban per mantenere la stabilità del flusso e il livello di servizio anche al variare della frequenza di arrivo dei clienti nel supermercato.

Il risultato netto era un livello di servizio delle casse che non veniva mai meno anche in condizioni di estrema congestione del negozio.

Se gestiamo un qualunque servizio aziendale, non è diverso: monitorando, misurando e gestendo il flusso possiamo renderlo stabile e garantire ai nostri clienti, interni o esterni che siano, i livelli di servizio desiderati.

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Pillole di Kanban applicato: domande e risposte con la spiegazione della terminologia che utilizziamo

Nei precedenti articoli ho illustrato alcuni esempi di applicazione del metodo Kanban, facendo riferimento ad alcuni concetti tipici del metodo. Penso che possa essere utile per chi si approccia per la prima volta a Kanban e non ne conosce i tecnicismi, una spiegazione della terminologia che utilizziamo. Nel seguito ho quindi provato a spiegare brevemente alcuni concetti basilari per l’applicazione del metodo Kanban:

  • lead time
  • distribuzione di probabilità
  • aspettative del cliente rispetto alla data di consegna desiderata
  • costo del ritardo
  • classe di servizio

Che cos’è il lead time?

Definiamo il lead time come un tempo che inizia dal commitment point concordato (momento in cui ci impegniamo a fare un lavoro) e continua fino a quando l’elemento di lavoro è pronto per la consegna. In altre parole, iniziamo a contare il lead time dal momento in cui il cliente può legittimamente aspettarsi che noi lavoriamo sul prodotto, fino a quando noi possiamo legittimamente aspettarci di consegnarlo al cliente. Qualsiasi ulteriore attesa al momento della consegna non viene conteggiata. Questa definizione non è ambigua e funziona in modo coerente per qualsiasi flusso di lavoro e servizio.

In base agli studi sul Modello di Maturità di Kanban, dovremmo tuttavia riconoscere che questa definizione funziona in modo affidabile a livello di maturità 3 e oltre, mentre a livelli di maturità inferiori è problematica. A livelli di maturità inferiori, il punto di commitment è spesso ambiguo e, nel migliore dei casi, asincrono, cioè il cliente fa una richiesta prima che ci sia l’effettivo commitment a svolgere il lavoro. In questo caso di commitment asincrono misuriamo il lead time a partire dal secondo punto di commitment, dal momento in cui il lavoro da fare viene inserito nel flusso di lavoro ed entra a fare parte del WIP (Work In Progress – lavoro in corso). Spesso nei flussi di lavoro di livello di maturità 2 non esiste un concetto forte di commitment e quindi si tende a misurare il lead time dal momento in cui un elemento di lavoro viene richiesto.

Il termine “lead time” significa quindi: “Se si sa quando si deve consegnare il prodotto, il lead time è la quantità di tempo di cui si ha bisogno in anticipo per effettuare un ordine e aspettarsi la consegna il giorno o prima di quando si ha bisogno dell’elemento di lavoro richiesto”, o semplicemente, il periodo di tempo in cui il commitment deve precedere la consegna.

Che cos’è la distribuzione di probabilità?

La funzione di densità di probabilità del lead time (probability density function – PDF) è una curva che mostra la distribuzione dei dati effettivi del lead time di un sistema Kanban. Viene rappresentata su un grafico in cui l’asse orizzontale delle ascisse mostra il numero di giorni di lead time, mentre l’asse verticale delle ordinate mostra il numero di occorrenze di tale tempo all’interno dell’insieme di dati campione (il numero di elementi di lavoro passati attraverso il sistema Kanban). La funzione di densità di probabilità del lead time tipicamente assume due forme di distribuzione:

Distribuzione a coda grassa (Fat-tailed)

Scarsa prevedibilità, impatto potenzialmente elevato da ritardi prolungati.



Distribuzione a coda grassa (Fat-tailed)

Distribuzione a coda sottile (Thin-tailed)

Buona prevedibilità, basso impatto, ritardi più brevi

Distribuzione a coda sottile (Thin-tailed)

L’esempio in alto proviene da un gruppo di IT Operations e quello in basso da un team di sviluppo di prodotti software. Quello in alto si dice che sia “a coda grassa”: c’è una lunga coda visibile che si estende a destra lungo l’asse delle ascisse. In generale, la “coda grassa” è indesiderabile, rischiosa e rende difficile la pianificazione. Quello a destra è detto “a coda sottile”: non c’è una lunga coda visibile che si estende a destra lungo l’asse delle ascisse. Questa convenzione di denominazione può sembrare controintuitiva per i non matematici. La verità è che, dal punto di vista matematico, queste code corrono all’infinito. Quindi, se la coda è visibile, deve essere grassa. Una coda sottile è di fatto invisibile lungo l’asse delle ascisse.

I concetti di distribuzione del lead time con coda grassa e con coda sottile sono molto importanti e sapere quale dei due è presente nel vostro sistema Kanban, fa una differenza fondamentale per la pianificazione, la gestione del rischio e la probabilità di ottenere la soddisfazione del cliente e di essere considerati un fornitore di servizi affidabile.
In assenza di dati sulla distribuzione di probabilità dell’elemento di lavoro, si consiglia di assumere una distribuzione a coda grassa. È importante ricordare questo semplice mantra: “il rischio è sempre nella coda”. Le distribuzioni a coda grassa richiedono un approccio diverso alla gestione del rischio.

Quali possono essere le aspettative del vostro cliente rispetto alla data di consegna desiderata?

Non importa“. I vostri clienti sono indifferenti alla data di consegna e non si preoccupano? La data è puramente consultiva o non esiste una data specifica, ma è stata semplicemente indicata perché richiesto ? Potremmo dire che non importa quando il prodotto viene consegnato, purché alla fine venga consegnato? Se è così, l’aspettativa del cliente è “Non importa”.

Entro lo SLA. Esiste uno SLA/SLE con il cliente e quindi, se iniziamo una lavorazione, c’è l’aspettativa che la consegniamo entro quel tempo? Se sì, l’aspettativa del cliente è “Entro lo SLA”.

Scadenza. La data di consegna desiderata è accompagnata dall’indicazione di una scadenza? La scadenza può essere reale, come una data fissa per un evento esterno o qualcosa di stagionale. Oppure può essere semplicemente un espediente in un ambiente con poca fiducia: la scadenza viene usata per pressarci, come fattore di stress per spingerci all’azione, o in qualche modo per responsabilizzarci, in una cultura altrimenti poco fiduciosa nei risultati. Indipendentemente dal motivo, se il cliente indica una scadenza, dobbiamo tenerne conto.

Tolleranza zero“. Quando il costo di un ritardo oltre la data di consegna desiderata è veramente elevato, il cliente può avere “tolleranza zero”. Si tratta di una forma più estrema di scadenza: quando c’è tolleranza zero per i ritardi, tutti capiranno le conseguenze e l’impatto sulla nostra attività di un mancato rispetto della scadenza. È probabile che si sacrifichino molte altre richieste di lavorazione per rispettare la data.

Il prima possibile. Infine, l’aspettativa del cliente può essere “il prima possibile” (ASAP); in questo caso, se decidiamo di svolgere il lavoro, dobbiamo accelerare la richiesta.

Cosa si intende per costo del ritardo?

Un ritardo significa che si ottiene meno valore da un’opportunità. Il costo del ritardo cerca di approssimare il valore perso a causa del ritardo nello svolgere un lavoro. Il costo del ritardo può essere modellato come una curva che si accumula nel tempo. Se la forma della curva presenta un picco iniziale, il rischio di ritardo è significativo.

Quali possono essere le classi di servizio in funzione del costo del ritardo?

Accelerato (Expedite). Il costo del ritardo aumenta molto rapidamente.

Accelerato (Expedite)

Data fissa (Fixed date). In una data relativamente vicina, entro due volte l’intervallo della distribuzione del lead time, ci aspettiamo un costo del ritardo distribuito secondo una funzione a gradino (o una funzione a curva S inclinata ma molto vicina a una funzione a gradino) in un giorno noto e molto specifico, tipico della domanda stagionale o di eventi specifici (come tornei sportivi o festività pubbliche).

Data fissa (Fixed date)

Standard. Il costo del ritardo aumenta inizialmente con un andamento convesso e infine concavo. La forma è una curva a S inclinata che cresce su un periodo di tempo medio-lungo.

Standard

Intangibile (Intangible). Il nome deriva dal fatto che il costo del ritardo è intangibile o insignificante per un periodo superiore a 1 o 2 cicli dell’intervallo di lead time. Sebbene la classe di servizio Intangibile sia stata modellata come se avesse una forma di funzione convessa, in realtà si tratta pure di una curva a S inclinata che cresce su un periodo di tempo molto lungo. Il lavoro appartenente alla classe di servizio Intangibile tipicamente è quello relativo ad aggiornamenti di piattaforma, introduzione di nuovi componenti o tecnologie in un progetto esistente, o riprogettazione, rielaborazione o, in generale, manutenzione di un sistema di prodotto o servizio.

Intangibile (Intangible)

Classe di servizio – come viene trattata rispetto ad altre richieste?

Tipicamente nel pondo dei servizi e dei progetti si parla di “mettere in priorità” le lavorazioni. Ma a bene vedere il termine è ambiguo. Priorità può significare che qualcosa è selezionato (o scelto) e quindi “prioritario”. Può anche implicare la sequenza, l’ordine o la regola di accodamento in cui un insieme di elementi devono essere lavorati. Oppure la priorità può implicare il momento in cui qualcosa dovrebbe essere programmato: ora, più tardi e, se sì, quando; o non del tutto. Oppure può implicare il modo in cui qualcosa viene trattato una volta inserito nel sistema: la sua classe di servizio.
Le tabelle di triage presenti nel metodo Kanban sono state progettate per facilitare la decisione rispetto agli ultimi due dei quattro significati della priorità. Vi aiuteranno a programmare il lavoro e a determinare la classe di servizio da applicare a un elemento di lavoro in base alla data di inizio prevista. Le tabelle di triage sono scaricabili dal sito Kanban+ della Kanban University.

Questo articolo è liberamente tratto e tradotto dal sito di Mauvisoft, clicca qui per leggere il contenuto originale.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
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Pillole di Kanban applicato: affrontare il problema dei tempi di attesa dei passaporti con Kanban

Ai recenti Stati Generali delle Ingegnerie Digitali, tenutisi a Milano gli scorsi 18 e 19 Aprile, ho fatto un intervento dal titolo ‘Utilizzare lean e kanban per il miglioramento dei servizi: l’Enterprise Services Planning (ESP)‘ che ho voluto concludere con una provocazione: Proviamo ad applicarlo… per esempio per risolvere il problema dei tempi di attesa dei passaporti?
Perché sono convinto che si potrebbe affrontare il problema dei tempi di attesa dei passaporti con Kanban. L’applicazione di concetti e pratiche del metodo Kanban potrebbe infatti dare una grossa mano a snellire tutti quei i servizi al cittadino che si trovano a essere ‘ingolfati’, non solo il rilascio dei passaporti. Migliorando i livelli di servizio offerti ai cittadini e al contempo riducendo la pressione e il conseguente stress lavorativo che grava sugli uffici preposti.

Tempi di attesa troppo lunghi

Non conosco in dettaglio il flusso di lavoro per il rilascio dei passaporti, osservo il problema della lunghezza dei tempi di attesa dalla prospettiva del semplice cittadino. Sono però ben noti al pubblico due fenomeni ai quali si sente imputare la forte crescita di richieste di passaporti: la brexit, che obbliga chi si reca nel Regno Unito a dotarsi di passaporto (prima bastava la carta di identità) e la pandemia, che ha fortemente limitato i viaggi per un paio d’anni, facendo rinviare a molti il rinnovo del passaporto. Ora che nel dopo-pandemia c’è la frenesia di tornare a viaggiare, i due fattori menzionati hanno generato un carico superiore a quello che le strutture preposte sono evidentemente in grado di evadere in tempi rapidi.
La situazione non è omogenea, ma in alcune zone di Italia (per esempio a Milano) occorre attendere diversi mesi per ottenere il passaporto. Come sempre accade il servizio in sofferenza ha ingenerato meccanismi distorti, c’è chi acquista biglietti aerei low cost per ottenere un appuntamento prioritario e pare che a un certo punto ci fosse anche chi faceva incetta di appuntamenti per rivenderli a caro prezzo. Questi espedienti non possono essere ovviamente la soluzione, invece il sovraccarico di un servizio al cittadino è una tipica circostanza che può trarre un grande beneficio dall’applicazione del metodo Kanban.

Introdurre le classi di servizio

In effetti alcune pratiche suggerite dal metodo Kanban già stanno venendo applicate. Recentemente la Polizia di Stato ha introdotto l’Agenda Prioritaria degli appuntamenti, per gestire in modo codificato le situazioni in cui il cittadino non può attendere i mesi necessari per il rilascio standard.
Tale pratica in Kanban la si definirebbe come l’introduzione di classi di servizio, ovvero il modo in cui qualcosa viene trattato una volta inserito nel sistema. In un sistema Kanban si attribuisce la classe di servizio a una determinata lavorazione in base a quanto costa ritardare detta lavorazione. Più elevato è il costo di rimandare la lavorazione, prima si dovrà effettuare la lavorazione.
Nel caso dei passaporti, i cittadini che lo richiedono non sono tutti nella stessa situazione, qualcuno può aspettare il tempo di evasione standard mentre qualcun altro ha necessità di viaggiare in tempi brevi e non può aspettare. Nel sistema di prenotazione dei passaporti possiamo quindi identificare due classi di servizio: una che potremmo definire come ‘standard‘, il passaporto viene rilasciato nei tempi tipici previsti dal sistema (qualche mese) e un’altra classe di servizio che potremmo definire come ‘accelerata‘ (‘expedite‘ nell’originale in inglese), che permette il rilascio del passaporto in base all’Agenda Prioritaria (qualche giorno).

Introdurre le policy per il servizio

Le classi di servizio però da sole non sono sufficienti per stabilizzare il servizio, occorre anche definire delle regole per l’assegnazione di una determinata classe di servizio a una lavorazione. Lasciando libero l’utente di attribuire alla propria lavorazione una classe di servizio, ci si troverebbe solo con lavorazioni di classe ‘accelerata’ e sappiamo che se tutto diventa urgente, allora nulla è più urgente perché chi si trova a dover effettuare la lavorazione non riesce più a indentificare le vere urgenze. E infatti se andiamo a vedere nel sistema di prenotazione dei passaporti la pagina dell’Agenda Prioritaria, un avviso in testa alla pagina indica chiaramente le regole per ottenere un appuntamento:
“Gli appuntamenti disponibili valgono solamente per i residenti nella provincia.
Rientrano tra le condizioni di priorità i viaggi da intraprendere nei prossimi 30 giorni per le seguenti motivazioni: studio, lavoro, salute, turismo.
All’atto dell’appuntamento verrà richiesta la documentazione comprovante l’effettiva priorità e la data del viaggio.”

Tale pratica in Kanban sarebbe definita come l’introduzione di policy di servizio, appunto le regole da applicare per garantire un corretto funzionamento del servizio. Quindi regole non solo per l’assegnazione della classe di servizio, ma regole in generale che permettano al servizio di funzionare in modo stabile e affidabile. E infatti se andiamo a leggere il vademecum sul sito della Questura di Milano, si può notare che si applicano anche alcune ulteriori regole, ovvero che nell’Agenda Ordinaria si possono “prendere fino ad un massimo di n.4 appuntamenti complessivi” mentre nell’Agenda Prioritaria si possono “prendere fino ad un massimo di n.2 appuntamenti non modificabili”. Questo a ulteriore garanzia del corretto utilizzo del sistema di prenotazione e per evitare almeno il più possibile i funzionamenti distorti.

Accelerare il collo di bottiglia

Osservata con la lente del metodo Kanban, la direzione intrapresa per la gestione del sistema di rilascio dei passaporti è corretta, innanzitutto è necessario stabilizzare il sistema. Una volta che il sistema è stabile, analizzando e misurando le fasi del flusso di lavoro, è possibile individuare il collo di bottiglia e, come ho già illustrato in un precedente articolo a proposito dei flussi autostradali, vincolare tutto il sistema alla velocità del proprio collo di bottiglia.
Al flusso che procede alla stessa velocità del collo di bottiglia è possibile quindi applicare i concetti propri della teoria dei vincoli e della teoria delle code, provando ad accelerarlo, per diminuire il tempo medio di lavorazione, nel nostro caso il tempo medio di rilascio dei passaporti, e per aumentare per converso il numero di passaporti rilasciati per unità di tempo (o come si chiama in Kanban, ‘throughput‘ o ‘delivery rate‘).
C’è da augurarsi che le autorità preposte vogliano portare fino in fondo il percorso intrapreso per la gestione dei passaporti, applicando questi concetti per migliorare questo e altri servizi ai cittadini.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Pillole di Kanban applicato: la gestione delle congestioni autostradali in Svizzera

Per recarmi in Svizzera a svolgere alcuni corsi di formazione devo percorrere una delle tratte autostradali credo più congestionate al mondo, tra la frontiera italiana di Como e Lugano Nord. La tratta complessiva che devo percorrere da casa al centro di formazione è lunga 85 km e richiede approssimativamente due ore per essere percorsa, sia all’andata al mattino che al ritorno alla sera. L’andamento del traffico non è costante, anche se si tratta di un fenomeno che può essere studiato e che è statisticamente prevedibile perché segue una distribuzione gaussiana. Si tratta di una tipica situazione che si può gestire con un sistema Kanban per garantire la puntualità del trainer in aula e infatti finora non ho mai iniziato un corso in ritardo. Grazie anche agli svizzeri che gestiscono le congestioni autostradali utilizzando gli stessi concetti che stanno alla base di Kanban.

La tratta autostradale svizzera, che si snoda in un fondo valle tra le montagne, risulta la parte più problematica e congestionata. Ho notato però che gli svizzeri gestiscono il traffico autostradale di quella tratta super congestionata utilizzando un sistema basato sulla teoria dei vincoli, quindi applicando gli stessi principi che hanno ispirato Anderson nella messa a punto del metodo Kanban. Vediamo come.

il semaforo in autostrada

Il vincolo sta nel collo di bottiglia

Alla base del ragionamento c’è la constatazione che un sistema di flusso, come è anche un’autostrada, è vincolato dal suo collo di bottiglia. Se in autostrada ci sono delle strozzature o dei punti particolarmente congestionati, la quantità di mezzi oraria che può percorrere l’autostrada (che in Kanban chiamiamo Throughput) sarà limitata dal più lento di tali strozzature e punti congestionati. Se noi riusciamo in qualche modo a far fluire il traffico alla stessa velocità del collo di bottiglia, il flusso si stabilizza e poi possiamo provare ad accelerarlo, aumentando il throughput e diminuendo il tempo di percorrenza di ciascun mezzo. Concetto intuitivo in teoria, un po’ meno in pratica perché si tratta di andare piano per essere più veloci.

La legge di Little

L’altro concetto che ci aiuta è la Legge di Little, che si può applicare solo in presenza di sistemi con distribuzione statistica gaussiana (e il traffico in autostrada lo è), per cui si possono fare i calcoli utilizzando i valori medi come valori di riferimento. La Legge di Little è una funzione lineare che lega la quantità di elementi medi presenti in un sistema alla velocità di attraversamento media del sistema stesso.
La relazione è L = λ x W, dove L è il numero dei elementi mediamente presenti nel sistema (nel nostro caso i mezzi), λ è il tasso di arrivo medio, che si suppone costante (nel nostro caso quanti mezzi entrano in autostrada al minuto), e W è il tempo medio di attraversamento del sistema (nel nostro caso il tempo per percorrere la tratta autostradale). Facendo qualche semplice simulazione con la Legge di Little si può verificare facilmente come in un sistema si possa minimizzare la velocità di percorrenza (e di conseguenza massimizzare il throughput) se non lo si carica oltre il 65%-70% della sua capacità di carico massima teorica. In Kanban applichiamo questo mettendo dei limiti al WIP – Work In progress (lavoro in corso, nel nostro caso il numero di mezzi presenti sulla tratta autostradale). Concetto questo invece del tutto controintuitivo.

La soluzione del problema dell’autostrada

Mettere insieme questi due concetti per la gestione dell’autostrada significa fare come fanno gli svizzeri:

  • utilizzare un semaforo per frenare il flusso a monte (tipicamente all’ingresso di una galleria prima del tratto congestionato)
  • regolare tramite il semaforo l’accesso al sistema, evitando di caricare il sistema oltre il limite che tende a bloccarlo, limite che è determinato dal collo di bottiglia
  • fare rispettare rigidamente il limite di velocità di 80 km/h per mantenere il flusso stabile

Così facendo il sistema si stabilizza e il risultato è sorprendente, perché dopo l’attesa per accedere al sistema (che mediamente non supera mai i 15′) si riesce comodamente a percorrere la tratta a 80km/h in circa mezz’ora, che sono abbastanza sicuro essere un tempo ottimizzato.

Di ritorno alla sera, terminata la tratta in territorio svizzero, si passa la frontiera e i flussi non sono più regolati, per cui si può osservare e anche provare a misurare la differenza. Per quanto riguarda la tratta italiana, soprattutto all’andata, il metodo Kanban lo ho applicato io in modo tale da assicurarmi di avere tempi di percorrenza prevedibili e affidabili, ma di questo parlerò in un altro articolo.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
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