Generare risparmi nella gestione dei progetti aziendali

La generazione di risparmi in azienda è un tema fondamentale in chiave strategica e lo diventa ogni giorno di più.

Nel corso degli anni abbiamo messo a punto insieme ad alcuni colleghi una metodologia, il 3D Performance, che coniuga alcune delle più efficaci metodologie di gestione dei progetti con strumenti di facilitazione e di empowerment delle risorse umane. Tre anni dopo averne parlato una prima volta sul blog ed esserci confrontati con clienti e colleghi in un laboratorio appositamente organizzato, il modello ha visto significative applicazioni ed è giunto a maturità.

Riproponiamo sinteticamente i risultati in un video realizzato per Aula PMI di Microsoft del quale si può prendere visione qui sotto e ne parleremo più diffusamente in un webcast che sarà trasmesso martedì 25 febbraio p.v. ore 14:30 in diretta dal portale Microsoft. Sarà possibile collegarsi al webcast sia da PC cliccando qui, sia da smartphone cliccando qui.

Possiamo anche incontrarci di persona in una delle giornate dedicate, delle quali trovate maggiori informazioni qui.

3D Performance si articola in tre fasi che caratterizzano la gestione del progetto, per ciascuna delle quali sono stati individuati strumenti specifici e adatti: prima di tutto l’analisi dell’esistente, finalizzata a “smontare” l’organizzazione, capire bene  il suo funzionamento attuale e le possibili aree di miglioramento; la seconda fase ha lo scopo di evolvere l’organizzazione, mediante lo studio di una nuova configurazione dei vari elementi tecnici, organizzativi e umani; infine la terza fase mette in azione la nuova organizzazione, monitorandola e sostenendola con un processo di miglioramento continuo e ottimizzazione.

Per garantirne l’efficacia, in ciascuno di questi tre passaggi occorre intervenire a vari livelli, sull’organizzazione e sui processi come sulle risorse umane: per questo utilizziamo un mix articolato di strumenti, metodologie e best practice. Mantenendo il focus sulla necessità di raggiungere significativi e misurabili risparmi in tempi rapidi.

Agile Project management e maratona

tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, oraQualche settimana fa ho partecipato a un webinar tenuto da un riconosciuto guru dei metodi agili di Project Management. Il tema trattato era il cosidetto ‘timeboxing’, ovvero la tecnica di pianificazione che prevede la suddivisione del progetto in obiettivi raggiungibili in intervalli di tempo piccoli e prefissati in modo rigoroso. Il rigido e tassativo controllo del raggiungimento degli obiettivi prefissati nei tempi previsti a livello micro consente un più agevole controllo del progetto sovrastante.

La tecnica, se vogliamo, riprende in chiave organizzativa il famoso motto di Lao Tzu, “anche un viaggio di mille miglia inizia con un passo”, suggerendoci che un viaggio di mille miglia è meglio controllabile se lo suddividiamo in obiettivi lunghi un passo, ci diamo un tempo per ogni passo e quel tempo/passo lo rispettiamo. Un passo è sufficientemente misurabile in termini di tempo e spazio per poterlo controllare adeguatamente, per cui tenendo sotto controllo rigorosamente ciascun singolo passo potremo anche prevedere quanto tempo sarà necessario per percorrere “il viaggio di mille miglia” e garantire la sostenibilità del viaggio,  facendo in modo di essere ‘qui e ora’ dove avevamo previsto di essere.

Il punto cruciale quindi, diventa la sostenibilità di quel tempo/passo, senza la quale si rischia di trovarsi a tollerare lo sforamento del limite di tempo, della ‘timebox’ appunto, e allora addio pianificazione e controllo.

L’esempio che ho fatto non è casuale in quanto la maratona ancora una volta ci offre spunti di riflessione, le miglia di allenamento per poterla correre sono davvero mille, il tempo/passo è l’elemento intorno al quale ruota tutta la preparazione e la sostenibilità del passo è proprio ciò che va allenato per centrare il proprio tempo obiettivo sui 42km.

Ho affrontato il tema della sostenibilità  in una recente intervista rilasciata per MasterMag, il magazine di MasterCup. Si può scaricare cliccando qui.

In un progetto aziendale, dove tipicamente è chiesto un alto rendimento, come nella maratona occorre ‘buttare fuori tutto’, dosando bene lo sforzo, controllando e rendendo sostenibile il passo/tempo in modo da centrare gli obiettivi di progetto, sempre ambiziosi.

Formazione e project management

Il convegno di Andec dello scorso 15 febbraio ha messo in evidenza alcuni orientamenti nel mondo della formazione manageriale che mi pare utile riportare.

Il primo elemento che è emerso in modo chiaro dai vari interventi della tavola rotonda è che la formazione manageriale può essere un utile strumento per vincere la crisi: in effetti le aziende più lungimiranti stanno approfittando della congiuntura per guadagnare posizioni di mercato e per supportare il processo di crescita investono in formazione.

Analizzando le statistiche relative all’anno 2011 circa gli investimenti di formazione sulle fasce più qualificate della popolazione lavorativa, i dirigenti, emerge che tra il 9% e l’11% degli investimenti in formazione sono per formare figure di ‘progettazione’ e ‘gestione’. In particolare è emersa la richiesta sempre più pressante di capacità di Change Leadership. Tutte tematiche legate al project management.

Un altro spunto interessante emerso è che le fonti di finanziamento pubblico della formazione tendono a non erogare più come in passato finanziamenti ‘a pioggia’ o su intreventi spot, ma al contrario tendono a favorire “piani bilanciati”, vale a dire iniziative organiche e progetti con una strategia complessiva. Quello sembra affermarsi è quindi il principio secondo cui è necessario dotarsi di un vero e proprio progetto di formazione.

Infine è stato posto l’accento sulla facilitazione e sul concetto di learning community come elementi chiave dei nuovi paradigmi di formazione che utilizzano gli strumenti offerti dal web 2.0. Mi ha fatto piacere perché questo blog, a suo modo, ne è un piccolo esempio.
Inoltre sempre di più mi viene chiesto anche di operare come temporary manager, quindi gestendo operativamente team (ovvero piccole comunità) di lavoro e operando un trasferimento delle competenze per osmosi, giorno per giorno, come si dice in gergo “on-the-job “.

Per chi si fosse perso il convegno e fosse interessato ai temi trattati è possibile richiedere gli atti cliccando qui.

Project management e competitività d’impresa

Ho già affrontato il tema relativo all’utilizzo delle tecniche di project management per la gestione di iniziative di tipo commerciale e imprenditoriale. Mi ci soffermo di nuovo per sottolineare quanto queste possano essere un valido strumento di governo dell’azienda.

Il concetto di business case, quindi semplificando, di controllo rigoroso dei costi/benefici di un progetto come di qualunque iniziativa, dovrebbe essere la stella polare dei processi decisionali, mentre spesso accade che siano altri i criteri, non sempre adeguatamente strutturati.

E’ fondamentale strutturare il proprio progetto secondo dei passaggi ben definiti, con dei punti di controllo nei quali validare la sostenibilità del progetto in termini di risposta alla domanda: “il business case è ancora valido?”

Quindi gestione del progetto come ‘governo del business case’, da sviluppare a partire dalle variabili corrette e con gli interlocutori aziendali corretti, all’interno di processi e procedure aziendali: per far questo il primo progetto da prevedere è di tipo formativo/riorganizzativo che permetta di introdurre le metodologie nel contesto aziendale in modo efficiente ed efficace.

Interverrò sul tema mercoledì 15 febbraio a Milano alla tavola rotonda del convegno Andec (per info clicca qui), soffermandomi sull’imporanza del project management come strumento di ausilio per i manager della consumer electronic in un momento di passaggio per l’economia.

Progetti, intensità e capacità decisionale

La maratona è la metafora della vita, all’inizio non hai esperienza, non sai cosa ti riserverà il futuro ma sei pieno di vitalità ed energie, verso la fine hai molta esperienza e sai cosa puoi fare, ma la vitalità e le energie se ne sono andate

intensità di azioneUn amico podista che mi è venuto a trovare nei giorni scorsi mi ha dato questo spunto interessante. C’è una verità in questa affermazione che si applica non solo a tutta la vita nel suo complesso ma anche a tutte le situazioni particolari della vita, ai nostri progetti.
Quando ci avviamo per intraprendere una nuova iniziativa siamo pieni di idee, entusiasmo ed energia, ma difettiamo di capacità decisionale; poi alla lunga sicuramente accumuliamo esperienza, che si traduce sicuramente in capacità decisionale, ma dobbiamo anche far fronte ai momenti di stanchezza e nei quali le risorse vengono meno, chi non si è mai trovato in situazioni in cui si fatica a trovare forze, soprattutto mentali, per chiudere i progetti?

Anche nei progetti aziendali spesso ci sono difficoltà a chiudere i progetti e le difficoltà non sono solo di budget. Certamente se facciamo errori decisionali nelle fasi iniziali (stime errate, sottovalutazione dei rischi, scarso controllo sull’efficienza) potremmo trovarci con un budget troppo scarso verso le fasi finali. Ma queste situazioni si possono risolvere. La mia personale esperienza e osservazione mi suggerisce che la vera criticità è quando vengono a mancare le risorse mentali, perché a quel punto cala l’intensità di azione e la capacità decisionale. In chiusura di progetto le risorse mentali sono fondamentali.

È importante capire che esistono compiti poco ‘intensi’ da un punto di vista prettamente ‘fisico’ che però, per la concentrazione richiesta, risultano estremamente intensi. Per esempio, battere un rigore in una finale di campionato del mondo è una situazione ad alta intensità, che deriva dalla eccezionale concentrazione decisionale del momento.

E dalla posta in gioco, aggiungo io. La citazione è presa dal libro “Mourinho, questione di metodo” e l’affermazione è di Rui Faria, preparatore atletico di Mourinho. Credo che contenga una grande verità, nel calcio come nella maratona, come in qualunque sport agonistico, come in qualunque progetto, come nella vita. L’intensità, nel prendere decisioni per il governo dei progetti, è fondamentale.
All’inizio del progetto deve essere indirizzata soprattutto a mettere ordine, a prevenire rischi e problemi e preparare quello che avverrà dopo, a dosare correttamente l’energia fisica e mentale lungo il corso del progetto stesso.
Alla fine del progetto l’intensità dovrà essere indirizzata a una efficace chiusura dei punti aperti e al raggiungimento degli obiettivi che il progetto si prefigge.

Occorre quindi allenarsi alla gestione della concentrazione e al mantenimento di un livello adeguato di intensità decisionale per tutto il corso di ciascun progetto. Comprendendo anche quale livello di intensità ciascuno di noi è in grado di sostenere e per quanto tempo. Imparando ad alternare fasi intense e fasi di recupero attivo. Nella vita e nel lavoro come nello sport.

Standard di progetto e riusabilità

Start? No....Lo scorso fine settimana è stato, podisticamente parlando, il più deludente della mia piccola carriera. Avrei dovuto (e voluto) correre la maratona di Berlino, poi ai primi di settembre a causa di un impegno non rimandabile per sabato 24 ho dovuto rinunciarci e ripiegare sulla sicuramente meno motivante maratona di Bergamo e infine mi sono preso l’influenza per cui sono rimasto impotente a guardare pure quest’ultima.

Dopo aver investito per sei mesi su un progetto, questo prima si ridimensiona drasticamente e poi sfuma proprio in dirittura d’arrivo. In termini di project management mi ricorda quei progetti con una scadenza fissa e improrogabile imposta dal cliente oltre la quale viene vanificato tutto quello che è stato fatto.

In queste situazioni non c’è metodo, piano alternativo o gestione delle eccezioni che tengano, se il progetto ha mancato l’obiettivo c’è poco da girarci intorno, ha fallito.

E questo cosa centra con il titolo, vi chiederete? La riflessione che questa situazione mi ha indotto è a ben rifletterci meno fuori tema di quanto possa apparire: se il lavoro svolto nel progetto è riusabile in altri contesti e altre situazioni, allora l’investimento fatto andrà perso solo in minima parte, ci sarà qualche altro cliente al quale potrò proporre una soluzione basata sugli stessi compenenti sviluppati per il progetto andato male. Nel caso dell’allenamento per la corsa questo è sempre vero, ma – e qui sta la riflessione – possiamo dire lo stesso per quanto viene sviluppato per la realizzazione dei progetti aziendali con i quali abbiamo a che fare quotidianamente?

Nella mia professione osservo sempre una tendenza a ‘reinventare la ruota’ che oltre a generare inefficienza espone al rischio di buttare via tutto se il progetto non approda all’esito previsto. Meglio si fa quando si cerca di comporre ciò che il progetto deve realizzare mediante l’utilizzo di componenti standard, che garantiscono oltre a tempi più certi, costi più bassi e affidabilità più alta anche e soprattutto la loro riusabilità futura.

Ho dedicato gran parte della mia vita professionale alla ricerca della standardizzazione e industrializzazione dei progetti e dei relativi processi e credo di poter affermare, risultati alla mano, che questa può essere spinta molto oltre i limiti che comunemente si ritengono raggiungibili, con conseguenti vantaggi in termini di riusabilità.

Per mia fortuna nel breve periodo anche la forma fisica ha una riusabilità pressoché totale, vediamo se riesco a utilizzarla per qualche gara del calendario autunnale.

I progetti e l’intensità di lavoro

In questo periodo mi trovo in una situazione lavorativa particolarmente intensa e la corsa diventa uno dei pochi momenti in cui riesco a mettere un po’ di ordine, soprattutto mentale, alle mille cose che devo inseguire. Naturalmente le mie riflessioni di questo periodo vanno al tema dell’intensità di lavoro nei progetti e di come sia necessario dare una direzione a questa intensità, perché non diventi tutto un inseguire vanamente le emergenze in modo disordinato.

1480963_mIn queste situazioni ci si rende conto una volta di più di come sia importante, per dirla con una illuminante metafora calcistica, evitare di correre come i forsennati dietro alla palla, ma cercare di mantenere la posizione e fare correre la palla al posto nostro. Se vogliamo è un concetto ovvio e banale, anche se in realtà è una di quelle cose che  sono più difficili di quanto possa sembrare da mettere in pratica.

La verità è che il lavoro in intensità è una di quelle cose che occorre allenare, bisogna imparare a tenere la propria posizione sul campo anche sotto pressione, esercitando e mandando a memoria gli schemi di gioco. Fuor di metafora, è importante esercitare le procedure organizzative e mandare a memoria gli schemi di interazione tra gli attori di progetto quando la pressione è bassa, in modo tale da trovarsi con dei meccanismi organizzativi collaudati nel momento della maggior pressione. Solo così facendo ci si può aspettare che ciascuno tenga la posizione e sia in grado di dare il proprio contributo migliore a supporto del team e del progetto affinché il team sia coeso nel momento più difficile. E solo così è possibile, per mutuare un altro concetto sportivo, anche praticare il ‘recupero attivo’ altro elemento fondamentale per riprendere fiato quando si è sotto pressione, favorire il riequilibrio energetico e garantire la tenuta del team alla distanza.

I progetti e la gestione dei rischi

Ritorno sul tema dei rischi perché a mio modo di vedere non si finisce mai di parlarne abbastanza.  L’occasione per parlarne è stato il webinar per Aula PMI che ho tenuto lo scorso 19 maggio sull’argomento e del quale può essere vista la registrazione sul portale Microsoft cliccando qui.

objectsinmirrorQuesto webinar segna uno stacco rispetto al passato, per la prima volta ho utilizzato la maratona come caso esemplificativo a cui applicare i vari argomenti trattati, per cui la metafora del podista è stata il filo conduttore di tutta la trattazione. Ovviamente i riferimenti nei miei pensieri andavano tutti alla maratona corsa il mese scorso, sicuramente ricca di spunti sul tema (per usare un eufemismo!), come già ampiamente spiegato nel mio precedente post.

Insieme ai partecipanti ci siamo chiesti qual è l’origine dei rischi, come analizzare le varie cause e come tenerne traccia. Poi siamo passati ad analizzare gli impatti, le relazioni causa effetto e le possibili azioni di risposta. Infine abbiamo toccato il tema del controllo dei rischi.

Parlare una volta ancora di rischi e delle loro misure, la probabilità e la prossimità, mi ha fatto venire in mente un’immagine rappresentativa che ho riportato nella foto qui sopra, ovvero quella tipica frase che c’è scritta nei retrovisori delle automobili americane: “gli oggetti nel retrovisore sono più vicini di quanto possano apparire”. La mia esperienza, e me ne convinco ogni giorno di più, è che le stime di probabilità e prossimità sono sempre troppo ottimistiche, anche i rischi sono sempre più vicini di quanto possano apparire. Questa frase andrebbe scritta nel ‘retrovisore’ di tutti i project manager.

Il project management, il sogno di Itaca e la gestione dei rischi

Ogni tanto mi chiedo perché la maratona abbia sempre esercitato e continui ad esercitare su di me tanto fascino. Me lo sono chiesto anche quando ho letto uno dei post più recenti dell’amico Walter Allievi sul suo blog, dal titolo Il sogno di Itaca: perseguite gli obiettivi, ma godetevi il processo, che mi ha suggerito una  possibile spiegazione. La maratona mi affascina perché è un po’ un viaggio verso l’ignoto, ha qualcosa in comune con l’Odissea, che infatti è stata sempre una delle mie letture preferite.

“Qualunque sia il vostro lavoro o il vostro percorso di vita, abbiate un sogno. Perseguitelo e nel farlo godetevi il viaggio.”

E’ proprio così, la maratona è affascinante perché è un sogno, ed è bello godersi il viaggio, come ha fatto Ulisse. E il project management? Anche il project management è un po’ un viaggio verso l’ignoto, con la sua buona dose di fascino e un sogno, il progetto, da realizzare.

Non a caso nella gestione di tutti i progetti e soprattutto in quelli di rivolti al cambiamento in azienda gioca un ruolo fondamentale l’elemento dell’imprevedibilità, da cui l’importanza della valutazione e gestione dei rischi, presenti sempre in quantità superiori rispetto a quanto accade nella normale operatività aziendale.

Mi sorprende sempre quanto questo elemento venga sottovalutato. L’andare verso l’ignoto è sicuramente una parte molto affascinante dei progetti, ma è molto importante tentare di mitigare gli effetti dell’imprevedibilità per evitare che il sogno si trasformi in un incubo. Gli atteggiamenti che vanno per la maggiore sono invece la spericolatezza (per non dire l’incoscienza) di prendersi i rischi senza fare calcoli oppure il rifiuto del rischio e quindi la rinuncia sistematica all’azione e al sogno. A bene vedere poi sono spesso le stesse persone che oscillano da un atteggiamento all’altro, seguendo la ‘filosofia dello struzzo’: occhio non vede cuore non duole.

Salvo poi sorprendersi davanti al verificarsi degli inconvenienti e andare alla ricerca degli alibi più surreali per giustificare il proprio operato.  Quante volte mi sono sentito proporre iniziative di business da persone che davanti ad elementari obiezioni in merito alla valutazione dei rischi mi hanno opposto un disarmante “ma mica facciamo le cose perché vadano male, vedrai che andranno bene”. Già, e se poi invece male ci vanno per davvero, abbiamo valutato come fare fronte alla situazione? Cercando di vedere il lato umoristico della cosa, sono arrivato alla conclusione che queste sono le stesse persone che se non fossero obbligate non assicurerebbero la propria automobile. Per mia fortuna ho lavorato con gli operatori del mondo del private equity e una cosa che mi hanno insegnato è che a ogni way-in deve corrispondere sempre una way-out solida e sostenibile.

La maratona e tutti gli sport di resistenza ci insegnano la pratica quotidiana della gestione del rischio e ci offrono un meraviglioso banco di prova per allenare la nostra sensibilità al rischio e ai tanti elementi che lo possono determinare: svolgendo una attività al limite non si può sbagliare, se si ‘tira’ troppo non si arriva in fondo. Anche Ulisse lo sapeva e nell’episodio delle sirene, riportato in figura, non ha lasciato nulla al caso, ha gestito bene i rischi, si è potuto godere davvero il viaggio e ha infine raggiunto il suo sogno.

La gestione del rischio è importante perché, come la tragedia giapponese di questi giorni ci sta insegnando, gli elementi che possono fare andare fuori controllo un progetto possono essere molti.

Un progetto è sempre una sfida ambiziosa

Questo post vi parla di un progetto ambizioso. Tutti i progetti sono sfide ambiziose, questo lo è di più. Mi fa tornare in mente quello che una collega qualche giorno fa spiegava ai suoi project manager: che si è veri manager se si è in grado di portare a termine progetti ambiziosi disponendo di risorse limitate.

In questo caso il progetto ambizioso è quello dell’amico Max, che vuole far tornare a camminare, io spero anche a correre, i ragazzi di Battambang, in Cambogia, che hanno perso le gambe. Ho aderito con entusiasmo al progetto di Max perché una delle ‘molle’ (sic!) che mi ha aiutato a superare le prime difficoltà quando mi sono rimesso a correre è stato l’esempio di Oscar Pistorius: pensavo e penso che se lui ha l’ambizione di correre le olimpiadi insieme ai normodotati, io ho il dovere di fare il massimo con le gambe che la natura mi ha donato. Se poi non si tratta di Pistorius, che comunque ha trovato la sua strada e ha avuto successo, ma di bambini a cui la possibilità di camminare è stata tolta dalle mine antiuomo, il senso del dovere raddoppia.

Il progetto è appunto ambizioso, le risorse sono poche, ma la forza è tanta e il progetto è in buone mani, anzi in buoni piedi, quelli dei maratoneti, gente che sa cosa vuol dire perseguire obiettivi ambiziosi con risorse limitate.

Cliccate qui per visitare il sito di RunForLife e per scoprire come come potete dare il vostro contributo al progetto.
Ah, dimenticavo, se volete diventare miei sostenitori su RunForLife il mio nickname è OrsoLento. Grazie Max e grazie anche a Oscar per l’esempio che continua  a darci.