Un altro aiuto per un mondo di code: shift-left

Un altro approccio suggerito da ITIL4 che ci può aiutare nel nostro nuovo mondo fatto di ‘social distancing’ e lunghe code per tutto è quello che va sotto il nome di Shift-left. Di che cosa si tratta?

Shift-left (letteralmente “sposta a sinistra”) si riferisce a un qualunque processo, che di solito è rappresentato in uno schema che procede da sinistra verso destra, e significa spostare un’attività e la relativa responsabilità verso la stazione di processo che è immediatamente a monte nel processo, quindi nello schema l’attività si sposta appunto a sinistra. Questo si rende necessario perché tipicamente la stazione a valle è più lenta, spesso è un collo di bottiglia e si cerca con lo shift-left di rendere più spedito tutto il processo, riducendo quindi i tempi di attesa in coda.

Prendiamo un esempio semplice, che possiamo sperimentare tutti, quello di una coda alla cassa di un supermercato. Una tipica operazione di shift-left è quella di mettere dei lettori di codice a barre a disposizione degli utenti del supermercato e far fare a questi ultimi, mentre sono in coda alla cassa, la lettura dei codici dei prodotti nel carrello, in modo che quando viene il loro turno le operazioni in cassa siano più rapide. L’operatore di cassa deve svolgere solo un controllo visivo sommario sul carrello e gestire il pagamento, con notevole risparmio di tempo alla cassa e conseguente risparmio sui tempi di attesa in coda.

Un altro esempio tipico è quello di far precompilare online agli utenti di un servizio un form con i propri dati, in modo che una volta arrivati allo sportello fisico l’operatore abbia già tutti i dati inseriti e debba solo controllarli, con risparmio di tempi e di code.

Esiste anche un concetto, meno comune, di Shift-right (“sposta a destra”) che significa, questa volta, spostare una attività e la relativa responsabilità verso la stazione di processo che è immediatamente a valle nel processo, quindi nello schema l’attività si sposta a destra.

Tutte le volte che ci viene messa a disposizione un’applicazione per il PC o per lo smartphone che non è stata completamente testata dagli sviluppatori, i quali si affidano ai feedback degli utenti per la messa a punto dell’applicazione, siamo in presenza di un approccio di Shift-right. L’attività di test è stata di fatto delegata agli utenti, che nel processo di sviluppo dell’applicazione stanno a valle.

Anche nel caso dei concetti di Shift-left e Shift-right, come per Swarming si tratta di approcci che si sono sempre utilizzati, ad ITIL4 il merito di averli suggeriti e sistematizzati.

Swarming ovvero un aiuto per un mondo di code

Il mondo in cui ci siamo venuti a trovare a causa del COVID-19 è caratterizzato dalle code. Con la necessità del ‘social distancing’, di mantenere la ‘distanza sociale di sicurezza’, si sono create code lunghissime ovunque. Code fisiche, come le code che si formavano fuori dai supermercati i primi giorni dell’emergenza, o code virtuali, ora che progressivamente si sta riaprendo e ci si sta organizzando per gestirle con sistemi di ticketing via app. Ma ormai viviamo di code e sono sempre code lunghe. Quali metodi ci possono aiutare a gestire meglio le code e i servizi che si rinnovano in un mondo che è cambiato?

Prendendo spunto da ITIL4, edizione più recente del framework più noto per la gestione dei servizi non solo IT, mi viene in mente Swarming (letteralmente lo ‘sciame delle api’), un approccio che viene suggerito per aiutare a migliorare la gestione delle code. Di che cosa si tratta?

Swarming è definito come ‘un metodo per gestire il lavoro in cui un gruppo di risorse specialistiche o di stakeholder lavorano su un’attività inizialmente tutti assieme fino a quando non diventa chiaro chi è nella posizione migliore per continuare a svolgere il lavoro e a quel punto gli altri sono lasciati liberi di dedicarsi ad altri compiti’. Proviamo a capire meglio cosa significa in pratica.

L’idea fondamentale di Swarming parte da alcune osservazioni sui  limiti di efficacia dei sistemi classici di gestione delle code:

  • i ticket tipicamente vengono assegnati alle differenti code da parte del primo livello (chi prende in carico la richiesta) e il primo livello spesso non ha le competenze per valutare ne la priorità del ticket né a quale gruppo inoltrare il ticket stesso. Quello che spesso succede è che il ticket viene instradato in maniera non corretta e quindi deve essere riassegnato successivamente a una coda diversa allungando i tempi di evasione della richiesta perché il ticket resta in giro per molto più tempo prima di venire assegnato al gruppo di lavoro che è in grado di risolverlo e di gestirlo correttamente
  • la scarsa comprensione della richiesta porta spesso a fare escalation verso team di specialisti per dei ticket per i quali in realtà non sarebbe necessario, causando così un sovraccarico sulle risorse più specializzate alle quali viene assegnato il ticket e così facendo rallentando il processo e allungando i tempi di evasione della richiesta

Cosa fa quindi Swarming? In realtà fa la cosa più vecchia del mondo, quella che abbiamo sempre visto fare a tutti i ristoratori capaci di gestire l’affollamento dentro e fuori dal proprio locale: qualcuno, di solito il titolare nel locale, non si prende alcun compito preciso ma dedica il suo tempo a verificare se tutte le situazioni nelle quali viene gestita una coda stanno funzionando correttamente e se non stanno funzionando correttamente interviene a supporto. Gli interventi del titolare tipicamente riguardano:

  • la coda all’esterno del locale, dalla quale vengono fatti passare avanti gruppi piccoli , tipicamente di due persone, perché magari all’interno si sono liberati dei tavoli da due
  • Il monitoraggio delle richieste in cucina, per verificare che non ci siano intoppi all’evasione in tempi accettabili
  • il monitoraggio dei tavoli per accertarsi che non ci sia nessun ospite che sta aspettando un tempo eccessivo per ricevere il servizio al tavolo

Questo esempio, che abbiamo tutti sotto gli occhi, ci aiuta a capire quelli che nella sostanza sono i tre tipi di Swarming che vengono suggeriti:

  • Dispatch Swarms: esperti vanno a pescare dalla coda in ingresso al sistema non necessariamente l’attività che si trova in prima posizione e mandano invece avanti quelle attività per le quali vedono la possibilità di essere evase in maniera efficace rapidamente; nel nostro esempio è il titolare del locale (il nostro ‘esperto’) che esce e verifica se ci sono gruppi corrispondenti ai tavoli che si sono liberati all’interno e li manda avanti
  • Backlog Swarms: esperti vanno regolarmente a verificare le attività presenti nelle varie code all’interno del sistema e le evadono o le riassegnano ad altre code senza generare inutili attese; nel nostro esempio è sempre il titolare del locale che verifica regolarmente la coda delle richieste alla cucina o al forno della pizza e riorganizza il lavoro in modo da far procedere più spedita l’evasione delle richieste, eventualmente svolgendo lui stesso il lavoro
  • Drop-in Swarms: esperti monitorano regolarmente il lavoro di altri operatori e intervengono a supporto quando lo ritengono opportuno per accelerare il lavoro; nel nostro esempio è di nuovo il titolare del locale che monitora il lavoro dei camerieri ai tavoli e interviene a loro supporto qualora ritenga che possa essere utile per accelerare e migliorare il servizio

Come si vede bene è un’idea antica, che se applicata in modo sistematico può migliorare di molto la gestione del servizio anche in presenza di lunghe code. L’obiezione principale che viene fatta all’adozione dello Swarming è il fatto che l’impiego di esperti in un ruolo di supporto e quindi in definitiva senza nessun ruolo proprio assegnato, è visto come un uso inefficiente delle risorse aziendali.

L’esempio che ho fatto del nostro ristoratore penso tolga qualunque dubbio: abbiamo sperimentato tutti come i locali in cui il titolare svolge le azioni appena descritte siano nel complesso più efficienti.

Peraltro tali locali sono anche più gradevoli perché il titolare di solito non si limita a fare Swarming ma coinvolge gli avventori in una esperienza umana che poi è la vera ragion d’essere del suo lavoro e del suo servizio. E in questo momento abbiamo bisogno soprattutto di quello, di una migliore esperienza di servizio, nonostante la mascherina sul viso.