Come funziona Kanban: STATIK, un approccio strategico per ottimizzare il flusso di lavoro

L’analisi STATIK (Systems Thinking Approach to Introducing Kanban) è un metodo strutturato per introdurre Kanban in un’organizzazione, garantendo un flusso di lavoro efficiente e ottimizzato. Il suo valore risiede nella capacità di analizzare il sistema esistente, comprendere la domanda di lavoro, identificare i colli di bottiglia e progettare un sistema ‘pull’ su misura per le esigenze del team. Attraverso un approccio basato sul pensiero sistemico, STATIK aiuta le aziende a migliorare la gestione del lavoro, aumentare la trasparenza e favorire un’evoluzione sostenibile dei processi operativi.

Per aiutarvi a comprenderne meglio le dinamiche, ho tradotto un’interessante guida scritta da due colleghi brasiliani – Cleiton “Caco” Mafra e Lucas Guimarães – i quali hanno anche creato uno strumento visuale che utilizzo tantissimo, lo STATIK Canvas.

Se conoscete la lingua portoghese e volete leggere il post originale, lo trovate qui. Di seguito invece la mia traduzione in italiano.

STATIK Canvas – La migliore guida pratica per iniziare a lavorare con Kanban

Sebbene molte persone abbiano già avuto contatti con STATIK nei corsi di formazione, ci rendiamo conto che la maggior parte di loro ha dubbi su come applicare questo approccio nella pratica.

Questa difficoltà è diventata più evidente nel dicembre 2020, quando Lucas Guimarães ha creato lo STATIK Canvas e lo ha pubblicato sul suo profilo Linkedin con l’obiettivo di aiutare la comunità a introdurre il metodo Kanban in modo più visivo e pratico. Ci sono stati molti commenti con domande, diversi messaggi ed è allora che a noi (Lucas e Caco) è venuta l’idea di scrivere un post per spiegare il metodo passo dopo passo in modo dettagliato e con consigli pratici, in modo che possiate usarlo come guida pratica e definitiva a STATIK.

Lucas e io abbiamo deciso di pubblicare STATIK Canvas Playbook – La guida per avviare il miglioramento continuo con Kanban. Il playbook è un modo semplificato e diretto di applicare STATIK, utilizzando lo STATIK Canvas per comprendere e diagnosticare la situazione attuale della vostra azienda, area, prodotto o servizio che volete migliorare.

Questi sono consigli pratici per aiutarvi a ottenere il massimo da STATIK Canvas.

Continuate a leggere e scoprite come applicarlo: tutto è spiegato passo dopo passo.

Che cos’è STATIK?

STATIK è l’acronimo di “System Thinking Approach To Introduce Kanban”.

STATIK è un approccio esplorativo per iniziare a introdurre Kanban nella vostra organizzazione.

È un metodo che fornisce le basi per esaminare il prodotto/servizio in modo sistemico e individuare i primi passi da compiere con il metodo Kanban per iniziare a dare una risposta ai fattori di insoddisfazione esistenti.

Sebbene il metodo preveda 8 fasi raccomandate, STATIK non è un modello prescrittivo e la sua serie di fasi non è sequenziale. Il metodo può essere applicato in vari modi e in organizzazioni di qualsiasi tipo e dimensione.

Queste sono le 8 fasi suggerite per l’analisi di ogni prodotto/servizio:

  • Fase 1: capire cosa rende ogni servizio adatto allo scopo del cliente
  • Fase 2: capire la fonte di insoddisfazione del processo attuale
  • Fase 3: analizzare la domanda
  • Fase 4: analizzare la capacità
  • Fase 5: modellare il flusso di lavoro
  • Passo 6: individuare le classi di servizio
  • Fase 7: progettare il sistema Kanban
  • Fase 8: socializzare (condividere) il sistema e negoziarne l’implementazione

Nell’ottica di semplificare l’approccio STATIK, il Canvas si propone di fornire maggiore chiarezza su cosa trattare in ogni fase e di rendere il percorso più semplice, soprattutto per coloro che iniziano a lavorare con Kanban per la prima volta. Questo è un articolo pratico da utilizzare come fonte di riferimento e, in quest’ottica, divideremo l’articolo in 2 argomenti principali:

  • 4 errori comuni e come evitarli – 4 consigli pratici
  • STATIK Canvas – Consigli dettagliati su come applicare l’approccio nella pratica

4 errori comuni e come evitarli

Poiché lo scopo principale di questo articolo è quello di darvi consigli pratici sui primi passi da compiere con il metodo e di mostrarvi alcune scorciatoie per evitare di bloccarvi o di commettere errori comuni fin dall’inizio, iniziamo con 4 consigli pratici che vi aiuteranno a partire con il piede giusto.

  1. Pensare che STATIK sia necessariamente da fare in un workshop.
  2. Considerare STATIK come una checklist.
  3. Cercare di essere quello che ne sa più degli altri.
  4. Perdersi nei dettagli invece di cercare di identificare gli schemi di funzionamento generali.

1 – Pensare che STATIK sia necessariamente da fare in un workshop

Il primo consiglio pratico su STATIK è forse la domanda che ci sentiamo rivolgere più spesso: “Devo fare un workshop per utilizzare STATIK?”. La nostra risposta a questa domanda è decisamente NO.

In realtà, non esiste una prescrizione per l’esecuzione di STATIK. Il metodo fornisce in generale un approccio per comprendere alcuni aspetti del vostro prodotto/servizio, simile a una diagnosi, ma il modo in cui lo fate dipende da voi. Cercate di fare ciò che è più sensato in quel momento.

A livello più pratico, forse in alcuni scenari, per motivi di programmazione o di disponibilità, è improbabile che si riesca a mobilitare le persone per partecipare a un workshop, oppure semplicemente non si vuole creare resistenza a ciò che si sta facendo in quel momento e si preferisce comprendere lo scenario agendo in modo più discreto.

In questo caso, non c’è bisogno di forzare un workshop o una lunga riunione per far funzionare STATIK. Un approccio è quello di parlare semplicemente con le persone in modo informale, cercare di capire alcuni aspetti del loro prodotto/servizio e prendere nota degli aspetti più importanti.

Forse invece vi trovate in uno scenario in cui le persone non sono allineate tra loro rispetto alle fonti di insoddisfazione, allo scopo del prodotto/servizio, al flusso della domanda e ad altri aspetti trattati in STATIK, oppure volete coinvolgere le persone nel processo di cambiamento e utilizzare questo momento come punto di partenza. In questi casi, potrebbe essere una strategia migliore programmare una riunione o un workshop con tutte le persone coinvolte per promuovere l’allineamento e una comprensione comune dello scenario.

In sostanza, se fare STATIK sotto forma di workshop o in modo più discreto coinvolgendo le persone individualmente, dipende da voi. Non c’è nessuna prescrizione che dica che dovete farlo in un modo o nell’altro.

Suggerimento pratico:

Concentratevi sul risultato che volete ottenere con il processo. Assicuratevi che, indipendentemente dal formato, il risultato finale di STATIK sia una visione sistemica del vostro prodotto/servizio e un punto di partenza per un cambiamento evolutivo.

2 – Considerare STATIK come una checklist

Un errore comune tra coloro che lo utilizzano per la prima volta è quello di legger alcuni dei contenuti di STATIK, annotare gli 8 passi e volerli seguire alla lettera. Spesso si vuole fare tutti i passi in una volta sola – e ci si sente addirittura frustrati se non si riesce a fare tutto subito – per cui si fanno le cose in modo forzato, semplicemente per soddisfare tutti i passi dell”elenco’.

Come abbiamo detto all’inizio di questo articolo, STATIK è un approccio che aiuta a comprendere meglio lo scenario attuale.

Sebbene contenga 8 fasi esplicite, STATIK non è una ricetta per l’implementazione di Kanban e non richiede di utilizzare tutte le fasi nella vostra applicazione, né di eseguirle in una sequenza specifica.

La vera necessità di comprendere lo scenario prima di iniziare qualsiasi cambiamento è quella di poter iniziare il cambiamento in modo più assertivo e generare la minor resistenza possibile. Quindi iniziate in modo semplice.

Spesso il fatto che si cerchi di forzare la comprensione di molte cose che non sono ancora chiare nemmeno alle persone coinvolte può generare una resistenza iniziale.

In alcuni casi, la sola comprensione di 4 o 5 aspetti del vostro prodotto/servizio è sufficiente a darvi una visione d’insieme della vostra situazione e una base per iniziare a evolvere, senza che dobbiate seguire con precisione tutte le 8 fasi.

Suggerimento pratico:

Prendete le cose con calma e uscite dalla modalità automatica. Nulla in Kanban è una passeggiata; prima di qualsiasi applicazione pratica è necessario considerare il suo contesto.

3 – Cercare di essere quello che ne sa più degli altri

Un errore comune di chi inizia a lavorare con STATIK è quello di non volersi limitare a comprendere il processo, le insoddisfazioni e altri aspetti del prodotto/servizio, ma di cercare di correggere ciascuno di questi aspetti.

Come abbiamo detto più volte nel corso di questo articolo, STATIK è un approccio per generare COMPRENSIONE.

Se iniziate a correggere il processo e a cercare di implementare i cambiamenti fin dall’inizio, inizierete ad affrontare la resistenza delle persone fin dall’inizio.

“Ah, ma perché dovrei mai generare resistenza nelle persone se sto cercando di aiutare?”.

Mettiamoci quindi nei panni di queste persone. Immaginate di avere un vostro processo e un modo di fare le cose al lavoro, e all’improvviso arriva un estraneo e vi dice che vuole capire il vostro processo per aiutarvi a migliorare, ma prima di capire come funzionano le cose, inizia a fare varie correzioni, a mettere in discussione e a dare giudizi su tutto quello che sta succedendo. Come vi sentireste?

Prima che, proprio nella fase di comprensione, cerchiate di correggere il processo, dicendo che le persone stanno sbagliando tutto e che voi avete le risposte su come dovrebbero essere fatte le cose, ricordate che, se lo fate, da quel momento in poi tutti vi vedranno come l’ennesimo ‘fenomeno’ che, invece di aiutare le persone a evolvere rispetto ai problemi che hanno oggi, si preoccupa unicamente di realizzare il processo che ha in mente.

Le cose sono come sono oggi per un motivo, cercate di capire prima di giudicare.

Suggerimento pratico:

Non progettate il processo. Limitatevi a capire lo scenario. Lasciate le modifiche per un secondo momento ed evitate di creare attriti fin dall’inizio.

4 – Perdersi nei dettagli invece di cercare di identificare gli schemi di funzionamento generali.

L’ultimo consiglio pratico di questo articolo, ma non meno importante. Alla fine dell’intero processo STATIK, una volta ottenute alcune informazioni sull’erogazione e sulla struttura del servizio, è necessario comprendere le dinamiche di tutto ciò che è stato raccolto.

Poiché in questa fase cominciano ad essere evidenti alcune carenze nel processo, cercate di mettere in relazione le cose.

Verificate quanto un fattore interferisca con l’altro, cercate di mettere in relazione l’insoddisfazione con le differenze tra capacità e domanda, o con il flusso di lavoro esistente, con il profilo delle richieste, ecc.

L’osservazione d’insieme del servizio e della relazione tra i diversi aspetti può portare a conclusioni preziose per quanto riguarda i primi passi da compiere per un eventuale cambiamento.

Suggerimento pratico:

Concentratevi sui modelli e sulle relazioni tra i diversi aspetti del vostro servizio, non limitatevi a osservare i dettagli in modo isolato. Questo vi consentirà di essere più confidenti quando introdurrete nuove pratiche o modifiche ai processi.

STATIK Canvas

Si tratta di uno strumento che facilita il processo STATIK, aiutandovi a introdurre il metodo Kanban in modo più visivo e pratico.

Il Canvas permette la conservazione di tutte le informazioni in un unico posto, facilitando il processo di visualizzazione delle informazioni in modo sistematico, dove è possibile effettuare correlazioni tra i risultati di ciascun argomento trattato nel processo STATIK.

Per semplificare gli 8 passi originali di STATIK, li abbiamo adattati ai seguenti punti:

  • Prodotto/servizio o team
  • Scopo del prodotto/servizio
  • Fonti di insoddisfazione
  • Analisi della domanda
  • Analisi della capacità
  • Classi di servizio
  • Flusso di lavoro
  • Cadenze
  • Progettare il sistema Kanban e metterlo in pratica
STATIK Canvas

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Prodotto/servizio o team

Qual è il prodotto/servizio o il team analizzato in questo processo?

Il primo passo è identificare il prodotto/servizio che verrà analizzato. Vogliamo sottolineare che STATIK si applica anche ai prodotti, perché nella letteratura Kanban si trova solo il termine “servizi”, quindi molti hanno dei dubbi. In parole povere, un prodotto/servizio è qualcosa che la vostra azienda consegna o vende al cliente.

Se avete più di un prodotto/servizio, eseguite questo processo per ciascuno di essi. L’ideale è capire e analizzare il prodotto/servizio, dal momento in cui si riceve la richiesta e si comprende il problema, fino a quando lo si consegna al cliente.

Sebbene sia ideale concentrarsi sul prodotto/servizio nel suo complesso, è anche comune iniziare a comprendere come lavora un singolo team. Se vi trovate in questo scenario, non preoccupatevi: nelle fasi successive vi daremo dei suggerimenti per non perdere la visione sistemica del servizio fino alla consegna al cliente. In questo modo, STATIK vi aiuterà a capire dove si posiziona il vostro team nel flusso complessivo e garantirà l’allineamento globale con il prodotto/servizio per guardare all’insoddisfazione da una prospettiva più ampia.

Scopo del prodotto/servizio

Qual è lo scopo del prodotto/servizio? Che cosa lo rende adatto alle finalità dei clienti? Qual è la definizione di successo del prodotto/servizio?

È molto comune che le persone abbiano difficoltà a identificare lo scopo del prodotto/servizio, spesso perché non conoscono il concetto o perché si riferisce a qualcosa di intangibile.

Il nostro consiglio è di cambiare un po’ il vocabolario e di usare alcune domande:

  • Chi è il nostro cliente? È utile concentrarsi sul cliente finale.
  • Chi è coinvolto nella fornitura di questo prodotto/servizio al cliente finale? Questo aiuta a fare un po’ di chiarezza su chi è coinvolto.
  • Perché esistono queste persone? Cosa accadrebbe al nostro cliente se il nostro prodotto/servizio non esistesse? Questo aiuta a rendere tangibile l’impatto. Se la risposta è ancora un po’ generica, si può reiterare la domanda “Perché?” fino a ottenere qualcosa di più tangibile.
  • Se ci sono ancora delle lacune, vale la pena di andare avanti e durante le fasi successive si può poi tornare indietro e integrare.

Questa fase è molto importante per comprendere l’impatto del vostro prodotto/servizio e collegarlo alle altre fasi.

Fonti di insoddisfazione

Il grande segreto è garantire un’ampia comprensione dell’intero flusso da diversi punti di vista, ciò che chiamiamo visione sistemica. Cercate di coinvolgere tutti coloro che prendono parte diretta o indiretta nella fornitura del prodotto/servizio, in modo da comprendere entrambe le parti, interna ed esterna, ed evitare il pregiudizio di concentrarsi su una sola parte.

Un allineamento parziale in questa fase può portare a un cambiamento inadeguato, con pratiche che potrebbero non risolvere le reali insoddisfazioni alla base di quel prodotto/servizio, poiché non sono state mappate diverse insoddisfazioni e non sono state ascoltate diverse persone importanti all’interno del flusso di fornitura.

Insoddisfazione interna

Dal punto di vista di coloro che sono coinvolti nella realizzazione e nell’erogazione del prodotto/servizio.

  • Team di lavoro
  • Sviluppatori
  • Persone che si occupano di prodotti e design
  • Dirigenti e/o stakeholder interni
  • Altri team coinvolti nel processo
  • Appaltatori coinvolti nella realizzazione
  • Fornitori coinvolti nella realizzazione

Insoddisfazione esterna

Dal punto di vista di coloro che ricevono il prodotto e sono influenzati dal risultato del prodotto/servizio.

  • Cliente che paga il prodotto/servizio
  • Utenti finali del prodotto/servizio
  • Persone che si occupano di assistenza e supporto al cliente (aiutano a portare la visione del cliente)
  • Soggetti interessati esterni

Il consiglio principale è quello di evitare di addentrarsi troppo nell’analisi fin dall’inizio e di trasformarla in un fiume di lamentele. Se si individuano tra 3 e 5 insoddisfazioni interne principali e tra 3 e 5 insoddisfazioni esterne principali, questo è sufficiente per andare avanti. Se ritenete che le fonti di insoddisfazione mappate contengano troppe informazioni, prendetevi il tempo di ascoltare e poi cercate di stabilire un ordine di priorità tra quelle più rilevanti.

Un altro punto importante in questa fase è assicurarsi che si stiano davvero esaminando le insoddisfazioni esterne. È molto comune avere diverse insoddisfazioni interne e solo poche esterne, soprattutto in scenari di bassa maturità. In questo caso, se una parte è molto più preponderante dell’altra, cercate di assicurarvi di coinvolgere altre persone che possano portare una visione più ampia. Se non avete accesso diretto al cliente, potete rivolgervi alle persone che ne sono in contatto per avere una visione approssimativa.

Alcune domande che possono aiutarvi a iniziare a mappare l’insoddisfazione:

  • Cosa vi preoccupa oggi quando guardiamo questo prodotto/servizio?
  • Cosa ti manca?
  • Che cosa vi viene richiesto che non potete soddisfare?
  • Ci sono dipendenze che ne rendono difficile l’esecuzione?

Se vi rendete conto che c’è ancora qualcosa di non emerso, una possibilità è quella di andare avanti e tenere d’occhio le insoddisfazioni da cogliere durante le fasi successive. È molto comune che le insoddisfazioni emergano dopo, soprattutto quando si parla di richieste e di flusso. Sentitevi liberi di tornare e di inserire altre fonti di insoddisfazione man mano che le individuate nelle fasi successive.

Dopo aver analizzato il flusso di prodotti e servizi in diverse realtà, abbiamo individuato alcune insoddisfazioni tipiche che si manifestano in modo ricorrente e che vogliamo condividere con voi per aiutarvi a individuarle, soprattutto in scenari non ancora ben esplorati.

Fonti comuni di insoddisfazione:

  • Disallineamento delle informazioni per cui un’area “dà la colpa” a un’altra, in questo caso durante la comprensione del flusso diventerà più chiara la dinamica e si potrà approfondire.
  • Consegna ritardata
  • Mancanza di collaborazione tra i team e priorità poco chiare
  • Problema di qualità o troppa rilavorazione
  • La consegna è sempre in ritardo o non avviene affatto
  • Siamo lenti e non abbiamo la velocità che speravamo di avere
  • Disallineamento tra l’azienda e il cliente in merito alle aspettative sui tempi di consegna
  • Spesso non si rispettano le scadenze o gli accordi sul livello di servizio

Ma ricordate, questo non è un “menu” di insoddisfazioni o una guida, è solo un riferimento per aiutare chi si approccia per la prima volta a identificare ed esplorare, perché spesso vengono fuori parole singole, come “Disallineamento” o “Velocità”, e si può esplorare meglio usando alcune di quelle che io chiamo domande jolly:

  • Che aspetto ha questo problema, come e dove si verifica?
  • Perché dobbiamo risolvere questo problema?
  • Come lo si risolve oggi?

Analisi della domanda

Quali richieste ci sono nel processo? Chi fa le richieste? Con quale frequenza? Qual è il volume?

Non lasciatevi trascinare dalla voglia di conoscere esattamente tutti i dettagli delle richieste; il più delle volte un’informazione approssimativa con qualche variazione è molto meglio di nessuna informazione.

In assenza di informazioni molto dettagliate, parlate con le persone che lavorano su quel flusso, con i manager e con coloro che generano la domanda per quel prodotto/servizio. Concentratevi inizialmente sulla ricerca di tutto ciò che è già in corso, di tutto ciò che è già stato pianificato e che le persone si sono già impegnate a fare e di ciò che è stato consegnato la settimana precedente, in modo da poter uscire dalla soggettività e concentrarvi su ciò che è già un dato di fatto.

Il primo passo è identificare i “Tipi di domanda”, che non è altro che identificare i tipi di lavoro che passano attraverso il flusso. Come negli esempi che seguono:

  • Progetti
  • Richieste legate alla roadmap del prodotto
  • Richieste di adeguamento normativo
  • Errori/bug
  • Incidenti
  • Debito tecnico
  • Esperimenti
  • Richieste dei clienti

Se sono difficili da identificare, iniziate a guardare l’ultima settimana, poi gli ultimi 15 giorni e se riuscite ad arrivare agli ultimi 30 giorni, è un ottimo punto di partenza.

Di seguito sono riportate alcune domande che possono aiutare a sbloccare la conversazione e a esplorare i tipi di richieste che vengono fatte:

  • Quali sono le “cose” su cui avete lavorato la scorsa settimana?
  • C’è un periodo del mese o dell’anno in cui dovete agire su qualcosa che arriva solo in quel periodo?
  • Ci sono task o richieste che arrivano con urgenza o senza alcuna pianificazione?
  • Avete delle richieste o delle cose urgenti e dovete interrompere tutto per occuparvene?
  • Le richieste provengono tutte da un unico punto o da diverse fonti/richiedenti?

Una volta identificati i principali tipi di domanda, si può cercare di raggrupparli – se sono troppi, si possono raggruppare e riunire in 6 tipi principali di domanda.

Esplorate quindi questi aspetti per ogni tipo di domanda:

Da dove viene?

  • Identificare la fonte della domanda, se interna o esterna, da quale area.

Chi la prende in carico?

  • Identificare chi la riceve e cosa fa con la domanda per valutarne le aspettative.

Frequenza di ricezione

  • Quante volte riceviamo questo tipo di domanda alla settimana o al mese? Identificare il volume, per settimana o per mese, ricordando che può essere un dato approssimativo, se è difficile guardare per mese allora guardate alle ultime settimane. In genere, le richieste con il volume più elevato meritano un’attenzione particolare per avere a disposizione maggiori informazioni.

Natura della domanda

  • Pianificata
  • Non pianificata
  • Stagionale – Arriva in un periodo specifico del mese o dell’anno. Spesso il flusso è già sovraccarico e quando arrivano queste richieste non c’è preparazione per affrontarle.
  • Casuale

SLA / Aspettative di consegna

  • Qual è il tempo di consegna previsto? Identificare le aspettative di consegna e vedere se c’è qualcosa che potrebbe integrare le fonti di insoddisfazione.

Un formato utile per registrare queste informazioni è quello di creare una tabella/foglio di calcolo per organizzare i dati e raggruppare i tipi di domanda.

Analisi della capacità

Quanto tempo impiega una richiesta per essere consegnata? Ci sono colli di bottiglia? Dove si blocca il flusso? Quanto viene consegnato per periodo (mese, settimana o sprint)?

È molto comune che le persone subiscano la mancanza di informazioni relative all’analisi della capacità, spesso rinunciando perché ritengono di non avere abbastanza informazioni, soprattutto quando si entra a far parte di un’organizzazione che ha ancora pochi dati quantitativi sulle consegne.

Non è necessario un sistema di metriche altamente raffinato per ottenere una prima comprensione della capacità. Se lo fate, è fantastico, ma se non lo fate, non sentitevi frustrati. Non preoccupatevi, cercheremo di demistificare questa fase, in modo che possiate raccogliere informazioni preziose, anche quando sembra che non ce ne siano. Vi assicuriamo che le informazioni ci sono sempre e che facendo le domande giuste riuscirete a trovarle.

L’obiettivo principale è capire in che modo l’organizzazione è in grado di soddisfare la domanda attuale e identificare se c’è un sovraccarico e da dove proviene. A tal fine, è meglio esaminare lo storico delle ultime settimane e riportare tutto ciò che è stato consegnato, di solito considerando un minimo di 2 settimane e idealmente 1 o 2 mesi di consegne.

Elementi da raccogliere per ogni tipo di domanda che viene consegnata:

  • Identificare i tipi di domanda.
  • Identificare il tempo di consegna di ciascun tipo di domanda.
  • Individuare se si è verificato un blocco e quale ne è la causa.
  • Identificare se c’è stato un sovraccarico di lavoro.
  • Identificare come sono state gestite le esigenze stagionali e se il personale è stato sovraccaricato o ha fatto gli straordinari.

Non preoccupatevi troppo dell’accuratezza delle informazioni, a volte non ci sono dati esatti. Le informazioni approssimative sono utili.

A questo punto è possibile capire il volume delle consegne evase dal team e fare un controllo incrociato con il volume delle richieste in entrata. Il suggerimento è di vedere se le richieste che arrivano più frequentemente sono in equilibrio con quelle che escono più frequentemente, perché potrebbero esserci opportunità di esplorare e definire meglio le priorità.

Un esempio: se il servizio consegna tra i 5 e i 10 elementi di un tipo di domanda a settimana, ma ogni settimana ne arrivano tra i 15 e i 20, si può già capire che c’è un problema. È chiaro che c’è un sovraccarico e si può correlare questo dato con l’analisi della domanda per capire la fonte del sovraccarico.

Seguendo il modello di Pareto, l’obiettivo è quello di evidenziare il 20% delle richieste che rappresentano l’80% dei problemi.

Classi di servizio

Quali richieste hanno un rischio diverso da altre? Ci sono richieste urgenti? Ci sono richieste con una scadenza?

L’obiettivo principale è quello di comprendere le classi di servizio già esistenti, per cui il suggerimento di scoprire cosa arriva con urgenza rispetto al resto è, nella maggior parte dei casi, sufficiente per iniziare e permette alle persone di semplificare la comprensione.

Tuttavia, in questa fase in cui si parla di classi di servizio, spesso vediamo la persona che facilita lo STATIK iniziare a introdurre i concetti di classe di servizio e cercare di implementare questi concetti per ogni categoria di domanda, spesso riempiendo di contenuti teorici le altre persone coinvolte in questo processo – facendo cadere il gruppo di lavoro esattamente nel terzo errore comune, ovvero cercare di essere quello che ne sa più degli altri – e di essere visto come il “professore” che insegnerà a tutti cos’è la classe di servizio e come segmentare le richieste utilizzando ciascuno dei suoi concetti.

La conseguenza di questo tipo di atteggiamento è che probabilmente inizierete ad affrontare la resistenza delle persone già in STATIK, perché vi siete messi a progettare un processo.

Evitate la trappola di voler usare STATIK per insegnare le classi di servizio ed evitate di usare il momento per implementare le classi di servizio, concentratevi invece sulla comprensione delle cose come sono oggi e non sull’introduzione di cose nuove.

Per evitare di cadere in questa trappola, basta scoprire il profilo di rischio delle richieste esistenti. Verificate se ci sono richieste con scadenze, se ci sono richieste urgenti, se ci sono richieste con priorità diverse. Classificate queste richieste utilizzando una nomenclatura che tutti conoscono ed evitate di introdurre termini che potrebbero essere troppo complicati per le persone in quel momento.

Come riferimento, le classi di servizio determinano il modo in cui la domanda deve essere gestita dal flusso di lavoro.

  • Gli elementi urgenti sono quelli che devono essere consegnati il prima possibile o che avrebbero dovuto essere già consegnati. Di solito sono legati a problemi, incidenti o guasti gravi, perché prima vengono consegnati, maggiore è la percezione del valore.
  • Gli elementi con una data hanno una scadenza rispetto alla quale il valore/risultato possa essere realizzato. A volte, anticipare non aumenta la percezione del valore.
  • Gli elementi normali sono quelli di cui il team si occupa quotidianamente, messi in sequenza ed eseguiti.
  • Esistono anche elementi dei quali la percezione del valore nel tempo è intangibile, che non hanno un’aspettativa legata alla consegna o un risultato chiaro. Inizialmente, consiglio di trattarli insieme alle voci normali per semplificare il processo STATIK.

Un consiglio è anche quello di esplorare alcuni esempi pratici con il gruppo, mettendoli in relazione con le richieste discusse nelle fasi precedenti per comprendere i volumi.

Un esempio pratico che è capitato a un team di Marketing è stato quando abbiamo utilizzato STATIK e abbiamo identificato che il problema principale era rappresentato dalle richieste che arrivavano con urgenza dalle Risorse Umane, che le portavano sempre con poco preavviso. STATIK ha contribuito a fare emergere questa consapevolezza e il primo passo è stato quello di organizzare il flusso per rendere visibile questo problema e quindi organizzare meglio la presa in carico di questo tipo di richieste.

Flusso di lavoro

Come funziona il flusso delle richieste? Progettare il flusso di lavoro. Iniziate in modo semplice. Concentratevi sulla mappatura del flusso attuale piuttosto che sulla sua correzione.

L’obiettivo principale è comprendere le fasi già in atto per il completamento del lavoro.

Non cercate di aggiustare il flusso – ancora una volta, non cadete nella trappola di essere quello che ne sa più degli altri – l’obiettivo è modellare il flusso così com’è oggi.

C’è un istinto naturale a guardare alcuni problemi e a volerli correggere nella mappatura, o a giudicare che sono sbagliati. Questo finisce per generare una sensazione negativa nelle persone, facendo sembrare che tutto sia sbagliato, e spesso si finisce per perdere i dettagli dello scenario perché le persone possono avere paura del giudizio degli altri.

Potrebbe anche esserci una certa pressione a riordinare il flusso utilizzando qualcosa di già noto e voi, in qualità di facilitatori STATIK, dovreste sottolineare che il primo passo verso il cambiamento è quello di generare una comprensione comune dello scenario da diversi punti di vista.

Quando durante la mappatura ci si imbatte in un miglioramento del flusso, assicurarsi che l’insoddisfazione per quel punto sia mappata; questo aiuterà a garantire che non venga dimenticata, poiché potrebbero esserci più modi per risolvere l’insoddisfazione.

La discussione su un punto di miglioramento del flusso può anche essere sviluppata nell’arco di qualche giorno osservando il flusso in azione. Di solito entro una settimana i principali problemi e insoddisfazioni diventano molto evidenti.

Suggerimenti importanti:

  • Non giudicare il flusso e la realtà
  • In questo momento, è sufficiente tracciare una mappa di come si presenta il flusso nella realtà
  • Se avete molte particolarità, concentratevi su quelle più importanti.
  • I diversi tipi di domanda possono avere flussi diversi

Iniziate con una semplice rappresentazione della realtà, che vi aiuterà a mettere in luce i principali problemi e le attuali insoddisfazioni.

Prima di tutto disegnate uno schema condiviso, è importante disegnare e rendere visibile la mappatura in modo che tutti abbiano la stessa comprensione della realtà.

Non è un problema iniziare a mappare il flusso a livello di team, ma tenete presente che STATIK si basa sul pensiero sistemico, quindi se utilizzate questo approccio cercate di capire come si colloca questo team rispetto al sistema d’insieme e come influisce sul risultato del cliente. Questo vi fornirà un allineamento globale rispetto al prodotto/servizio e vi farà guardare all’insoddisfazione da una prospettiva più ampia.

Questo approccio aiuta a identificare i principali colli di bottiglia, a far emergere i conflitti di comunicazione tra le diverse aree o i team che lavorano al flusso e a individuare il punto di partenza migliore.

Cadenze

Quali cadenze e cicli di feedback esistono oggi?

Affinché il vostro processo funzioni in modo minimamente efficiente, è necessario che ci siano determinate cadenze, riunioni o momenti di riflessione. Che si tratti del flusso di lavoro, delle consegne o di decidere cosa consegnare o come consegnare qualcosa.

Queste riunioni possono non essere formali o svolgersi a intervalli fissi, ma sono cadenze in cui le persone valutano problemi, processi, richieste e prendono decisioni. Vale la pena di prendere nota di queste cadenze e di capire lo scopo di ciascuna di esse.

È comune che le organizzazioni che iniziano a utilizzare il metodo Kanban abbiano una routine di pianificazione e follow-up.

Il consiglio è di sviluppare in qualche modo il contenuto di queste 3 routine principali:

  • Semplice riunione di pianificazione e allineamento settimanale (Replenishment Meeting)
  • Riunione giornaliera per la verifica del lavoro sulla Kanban board (Kanban Meeting)
  • Retrospettiva alla fine della settimana per valutare con il team ciò che è stato consegnato, i risultati e i punti da migliorare nel flusso (Service Delivery Review)

Non cambiate e non create resistenze: iniziate con le routine esistenti, con gli stessi nomi e poi, se necessario, evolvete con il passare dei giorni. Se una routine non è presente nella vostra organizzazione, va bene restare così come si è. Con il passare dei giorni, la mancanza di questa cadenza può diventare evidente e potete introdurla, se necessario.

Progettare il sistema Kanban e metterlo in pratica

Kanban ha i 3 principi di gestione del cambiamento che ci guidano e orientano, e quando iniziamo a introdurre le pratiche sono ancora più importanti:

1. Iniziate da ciò che fate oggi.

Rispettare l’attuale processo, i ruoli, i titoli e le responsabilità.

2. Accettate di perseguire il miglioramento attraverso il cambiamento evolutivo.

3. Incoraggiate la leadership a tutti i livelli.

Nel corso di questo articolo abbiamo sottolineato l’importanza di prendere atto della realtà piuttosto che esprimere giudizi, quindi quando si tratta di mettere in pratica questi principi, non dimenticateli.

Generalmente ci troviamo di fronte a due scenari:

  • Scenario 1 – Un’organizzazione che non ha un modo strutturato di gestire il lavoro, dove tutto viene fatto utilizzando fogli di calcolo, e-mail o persino liste di compiti individuali.
  • Scenario 2 – Organizzazione che ha un modo per gestire il lavoro, di solito con software come Trello, Jira, Microsoft TFS, VersionOne o altri strumenti di gestione dei progetti.

Indipendentemente dallo scenario, la raccomandazione è di concentrarsi sul flusso di lavoro discusso nello STATIK Canvas. Se trovate difficile rappresentare il flusso nella sua interezza, va bene iniziare con un approccio parziale, purché vi assicuriate che le insoddisfazioni siano evidenti e senza perdere di vista l’intero flusso (visione sistemica), poiché la maggior parte dei problemi nasce nelle iterazioni tra le parti.

Tenete presente che questo è il primo passo verso il cambiamento, fate attenzione che la cosa più importante a questo punto è portare il lavoro verso una sua gestione visuale e osservare. Ricordate il principio “Iniziate da ciò che fate oggi”.

In situazioni di lavoro in presenza, il consiglio è di iniziare con una lavagna fisica che genera meno resistenza, ma sappiamo che oggi la realtà è il lavoro a distanza, quindi uno degli strumenti digitali più semplici con cui iniziare è Trello. Per le organizzazioni che già dispongono di uno strumento, il consiglio è di evitare attriti e di utilizzare lo strumento esistente.

Una volta progettato il flusso, è sufficiente portare tutte le richieste in corso all’interno del flusso stesso, utilizzando contrassegni o etichette per rappresentare i tipi di richieste e le classi di servizio. La corretta classificazione delle informazioni vi aiuterà a raccogliere le informazioni in modo corretto.

Rafforzate le cadenze e le routine che sono state individuate, ricordatevi l’obiettivo e concordate le date e gli orari per ogni momento.

Con il passare dei giorni, l’insoddisfazione diventerà evidente, così come il volume delle richieste in corso e i colli di bottiglia. Le cadenze aiuteranno le persone a riflettere su queste insoddisfazioni e potrete apportare miglioramenti che affrontino le insoddisfazioni, facendo un primo passo verso il miglioramento continuo.

È abbastanza comune fare molti progressi entro due mesi e allora si può iniziare a esaminare le altre pratiche del metodo Kanban e continuare a far evolvere il proprio sistema di lavoro. Ma non abbiate fretta, ogni cosa accade a suo tempo.

Non dimenticate di evidenziare i miglioramenti e i risultati ottenuti: in questo modo contribuirete a guardare oltre i problemi, a generare l’impegno a continuare a evolvere e a farvi lavorare in modo più pragmatico e basato sull’evidenza.

Ricordate:

  • Non modellare un sistema più complicato del necessario.
  • A volte il solo fatto di avere una visione di insieme è già un risultato sufficiente per il momento.
  • All’inizio, i principali vantaggi derivano dalla gestione visiva, rendendo esplicita l’insoddisfazione.

“Un sistema non è mai la somma delle sue parti. È il prodotto dell’interazione tra le parti”

Russell Ackoff

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Come funziona Kanban: il Flow Manager per migliorare la gestione del flusso di lavoro

Quando un’organizzazione introduce i principi e le pratiche Kanban, sviluppa la consapevolezza del servizio che offre al cliente e una comprensione iniziale dell’importanza della gestione del flusso di lavoro. L’attenzione si sposta quindi sul flusso di lavoro piuttosto che sul semplice completamento di singoli compiti. Tuttavia l’identificazione e la definizione del ‘flusso di lavoro’ possono risultare ancora ambigue. Ciò crea la necessità di una supervisione del flusso stesso e si osserva l’emergere del ruolo di Flow Manager .

Si noti che quello di Flow Manager è un ruolo da svolgere e non necessariamente un titolo di lavoro o una nuova posizione nell’organizzazione. Un approccio tipico all’implementazione di questo ruolo consiste nell’assegnarlo a un membro del team che si è offerto volontariamente e che possiede le conoscenze e le competenze adeguate per svolgere tale ruolo.

Le modalità di implementazione del ruolo tipicamente vengono poi adattate alla cultura organizzativa. Questo ruolo tende ad avere un focus interno, gestendo attivamente il flusso e concentrandosi sull’efficienza operativa e sul miglioramento continuo, promuovendo una gestione sostenibile delle attività del team. Con l’aumento del livello di maturità dell’organizzazione questo ruolo si può evolvere in quello di Service Delivery Manager.

Le responsabilità del Flow Manager in un sistema Kanban

Il Flow Manager è responsabile di quanto segue:

  • Creare nel team la consapevolezza che si sta fornendo un servizio ai clienti.
  • Garantire la raccolta delle metriche di flusso.
  • Facilitare il Workflow Kanban Meeting.
  • Facilitare la comprensione delle richieste dei clienti.
  • Facilitare la risoluzione dei blocchi, l’eliminazione delle rilavorazioni e dei problemi legati all’invecchiamento del WIP (Work In Progress) che vengono segnalati dal team .

Più nello specifico il Flow Manager assicura che il flusso di lavoro rimanga fluido e privo di interruzioni. A tal fine, monitora costantemente il sistema Kanban per individuare colli di bottiglia — punti in cui il lavoro si accumula — e interviene per risolverli. Basa il suo lavoro sull’utilizzo di strumenti come la Kanban board e le metriche visive, ad esempio il Cumulative Flow Diagram (CFD), per mantenere il flusso stabile e prevedibile.

Il Flow Manager e il monitoraggio del flusso di lavoro

Il Flow Manager è anche responsabile dell’applicazione e del monitoraggio delle WIP Limit (Work in Progress Limit), uno dei pilastri del metodo Kanban. Questi limiti impediscono il sovraccarico del team, favorendo la focalizzazione sulle attività in corso. Il Flow Manager regola queste limitazioni quando necessario, adattandole ai cambiamenti del volume di lavoro o alle necessità operative.

Un altro aspetto fondamentale del ruolo è l’analisi delle metriche chiave per il flusso di lavoro. Tra queste troviamo il Lead Time (tempo totale per completare un’attività), il Cycle Time (tempo impiegato da un’attività per attraversare una fase specifica) e il Throughput (numero di attività completate in un determinato periodo). Questi dati consentono al Flow Manager di identificare inefficienze, misurare l’impatto delle modifiche e prevedere tempi di consegna più accurati.

Il Flow Manager come facilitatore per il team

Il Flow Manager non agisce solo come analista ma anche come facilitatore per il team. Aiuta i membri a superare ostacoli, supportandoli nell’organizzazione e nella priorità delle attività. Promuove inoltre una cultura di trasparenza, assicurandosi che tutte le informazioni rilevanti siano visibili sulla Kanban board. Questo approccio garantisce che tutti i membri del team abbiano una comprensione condivisa dello stato del lavoro.

La figura del Flow Manager è strettamente connessa al miglioramento continuo. Attraverso l’analisi costante e riunioni regolari (come le Flow Review), introduce modifiche incrementali al processo per ottimizzare le prestazioni.

Un aspetto distintivo del Flow Manager è la capacità di adattarsi ai cambiamenti. Grazie alla flessibilità del metodo Kanban, questa figura guida il team nell’affrontare nuove priorità o condizioni impreviste, mantenendo il focus sull’obiettivo finale. Inoltre, promuove una mentalità agile, incoraggiando il team a sperimentare, apprendere dagli errori e migliorare progressivamente.

In un sistema evoluto tipico di un organizzazione di maggiore maturità, il ruolo del Flow Manager può coesistere con il ruolo di Service Delivery Manager per supportare quest’ultimo nel presidio di specifici flussi e parti del sistema complessivo. In collaborazione con il Service Delivery Manager, il Flow Manager può garantire che il lavoro soddisfi le aspettative dei clienti, bilanciando al contempo qualità, efficienza e sostenibilità.

Un esempio di applicazione del ruolo di Flow Manager

Un esempio concreto di applicazione del ruolo di Flow Manager è descritto nel case study di Grow (per leggerlo clicca qui). In questo caso, Alba, l’Onboarding manager, ha svolto il ruolo di Flow Manager, mentre Caterina, Direttore HR, ha assunto nel tempo il ruolo di Service Delivery Manager.

La Kanban board del flusso di Onboarding su Kanban Zone fornisce automaticamente ad Alba le metriche di Lead Time.

Alba, nel ruolo di Flow Manager, ha supportato il Caterina nel seguente modo:

  • Mappatura e analisi del flusso di lavoro: Alba ha collaborato con il team per mappare il flusso di lavoro di Onboarding, identificando i colli di bottiglia e le inefficienze. Questo ha permesso a Caterina, insieme ad Alba, di avere una visione chiara del processo e di individuare le aree di miglioramento.
  • Misurazione e monitoraggio del Lead Time: Alba ha raccolto dati sul Lead Time di ogni fase del processo, consentendo al team di analizzare le prestazioni e di identificare le opportunità di miglioramento.
  • Implementazione di policy e pratiche Kanban: Alba ha lavorato con il team per implementare limiti al WIP, le classi di servizio e altre policy Kanban, contribuendo a stabilizzare il flusso di lavoro e a renderlo più prevedibile.
  • Gestione dei colli di bottiglia: Alba ha affrontato direttamente i colli di bottiglia, come il processo di firma digitale dei contratti, implementando soluzioni per semplificare e velocizzare le attività.
  • Comunicazione e collaborazione: Alba ha mantenuto una comunicazione costante con il team e con i dipartimenti tecnici, garantendo la trasparenza e la collaborazione tra le diverse parti coinvolte nel processo di Onboarding.

Il supporto di Alba, come Flow Manager, ha permesso al Direttore HR di:

  • Concentrarsi sulla strategia e sugli obiettivi di alto livello: Caterina ha potuto delegare la gestione del flusso di lavoro ad Alba, concentrandosi sulla definizione degli obiettivi strategici e sulla supervisione generale del processo.
  • Prendere decisioni informate: Grazie ai dati raccolti e alle analisi fornite da Alba, Caterina ha potuto prendere decisioni informate sulle politiche e le strategie di Onboarding.
  • Migliorare la comunicazione con i dipartimenti tecnici: Le iniziative di Alba per migliorare la comunicazione e la collaborazione hanno contribuito a rafforzare i rapporti tra HR e i dipartimenti tecnici.
  • Presentare risultati concreti al comitato di direzione: Caterina ha potuto presentare al comitato di direzione i risultati tangibili del lavoro svolto da Alba e dal team, dimostrando il valore del suo ruolo di leadership e l’efficacia del sistema Kanban implementato.

Conclusione

In sintesi, il ruolo di Flow Manager è un elemento strategico per il successo del metodo Kanban. Supporta il team nel mantenere un flusso di lavoro bilanciato, risolvendo problemi e promuovendo la collaborazione. Grazie a un approccio data-driven, garantisce un miglioramento continuo, ottimizzando le prestazioni operative e soddisfacendo le esigenze dei clienti.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
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Migliora il tuo modo di lavorare con Kanban: come analizziamo in modo visuale i flussi di lavoro alla ricerca di potenziali miglioramenti

Il metodo Kanban aiuta a migliorare il modo di lavorare e negli articoli che trovate nel blog ho raccontato come questo sia stato attuato nelle aziende con cui collaboro. In questo articolo vorrei raccontare invece come funziona ‘dietro le quinte’, come insieme alle persone dei team coinvolti analizziamo in modo visuale i flussi di lavoro alla ricerca dei potenziali miglioramenti. L’esempio nel seguito si riferisce al dipartimento risorse umane del quale parlo in un caso di studio pubblicato recentemente e al suo flusso di lavoro per l’onboarding dei nuovi dipendenti.

Lavagna su Miro utilizzata insieme al dipartimento risorse umane per analizzare i flussi di lavoro

Per fare l’analisi iniziale dei flussi, di solito chiedo di incontrare il team in presenza. Il primo impatto è fondamentale per stabilire una relazione con le persone coinvolte. Creare un buon clima di collaborazione aiuta più tardi a fare emergere alcuni dettagli che altrimenti sfuggirebbero. Conoscere le persone nel loro ambiente di lavoro aiuta anche a cogliere alcuni non detti che possono essere importanti.

1. Prima mappatura dei processi e misurazione su foglio Excel

Per prima cosa quindi abbiamo mappato i flussi di lavoro su una lavagna bianca fisica, usando post-it e pennarelli. Abbiamo proceduto in modo estremamente informale, non ci siamo preoccupati della notazione utilizzata, l’importante era che il flusso di lavoro fosse chiaro e comprensibile alle persone presenti, che poi erano quelle che avrebbero dovuto leggere e usare il diagramma. Questo approccio poco formale aiuta a coinvolgere anche le persone con poca o nessuna conoscenza dei metodi di rappresentazione dei processi. Scherzando per sdrammatizzare con chi è abituato ad approcci più formali di rappresentazione, dico che scriviamo i processi con notazione BPMN che però nel nostro caso significa Brutal Process Marco’s Notation.

Per far cogliere immediatamente il senso del lavoro e anche per arrivare rapidamente a qualche risultato, una volta definito il flusso e individuate le sue fasi, con il nostro team di risorse umane abbiamo cominciato a misurare il flusso a mano, segnandoci su un foglio Excel i tempi di attraversamento delle varie fasi del flusso. Queste misure ci hanno permesso di disegnare i primi grafici di densità di distribuzione del Lead Time e cominciare a comprendere le dinamiche dei flussi di lavoro. E’ bastato questo per individuare alcuni evidenti colli di bottiglia verso i quali indirizzare le azioni di miglioramento, che hanno portato nel giro di un solo mese al dimezzamento del Lead Time medio, ma soprattutto ad avere una curva di distribuzione Thin-tailed. In pratica avevamo dimezzato e reso più certo il tempo necessario per l’onboarding dei nuovi dipendenti dell’azienda.

2. Analisi STATIK del servizio

A questo punto abbiamo svolto l’analisi STATIK del servizio di onboarding. STATIK sta per Systems Thinking Approach to Implementing Kanban ed è un approccio sistemico che permette di analizzare e mappare le fonti di insoddisfazione, la domanda, le capability del sistema, il flusso di lavoro e le classi di servizio per arrivare a definire una prima versione di un sistema Kanban. Essendosi ormai affiatato il team, anche grazie ai primi promettenti risultati, questo lavoro è stato svolto in parte da remoto. Abbiamo svolto il lavoro in ogni caso su lavagna virtuale Miro, sulla quale compilavamo un template STATIK Canvas, strumento efficacissimo per procedere rapidamente in modo visuale e ordinato.

3. Evoluzione dei processi su lavagna virtuale

Messo a punto il primo sistema Kanban, abbiamo cominciato a evolverlo progressivamente e sperimentalmente. Abbiamo rivalutato periodicamente tutti i flussi di lavoro, alla ricerca di semplificazioni e linearizzazioni. Per visualizzare questo lavoro abbiamo utilizzato di nuovo la lavagna Miro, sulla quale abbiamo mappato la seconda versione dei flussi, sempre con la solita notazione brutale. Da lì in poi abbiamo fatto periodicamente riflessioni e sperimentazioni, aggiornando i flussi sulla lavagna quando queste ultime avevano successo.

4. Kanban board elettronica con misurazione

Nel nostro percorso evolutivo il team ha cominciato con il tempo ad avvertire il bisogno di fare un uso più avanzato delle pratiche Kanban di visualizzazione e gestione del flusso di lavoro, potendo disporre anche di uno strumento di misura più agevole di quanto non fosse il foglio Excel, per cui dopo qualche mese abbiamo cominciato ad utilizzare una kanban board virtuale su Kanban Zone. Questo passaggio di ha permesso una migliore gestione dell’attività e un monitoraggio più accurato e completo delle metriche di flusso, potendo continuare il nostro percorso di evoluzione sperimentale e collaborativa con strumenti visuali.

L’evoluzione progressiva dei flussi di lavoro ha portato infine il team, nel giro di un anno, a ridurre dell’89% il tempo necessario per l’onboarding dei nuovi dipendenti. Questo percorso ha portato a rivalutare il sistema informativo aziendale dell’HR, che sta venendo costantemente aggiornato recependo i flussi aggiornati insieme a tutte le logiche e le misure del sistema Kanban. E il viaggio continua….

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Perché ITIL® Practitioner crea valore per le piccole aziende

Sul blog di AXELOS mi è stato pubblicato un breve articolo in cui racconto come l’utilizzo dell’approccio che viene proposto nell’ambito della certificazione ITIL® Practitioner sia stato di utilità in una mia recente esperienza di consulenza.

ITIL® si porta dietro il pregiudizio di essere qualcosa di utile solo per grandi realtà: la mia esperienza mi ha insegnato che con un opportuno lavoro di “adotta e adatta” lo si può applicare proficuamente anche in realtà aziendali medio piccole e a progetti IT di portata limitata.

Si può leggere l’articolo cliccando qui, buona lettura!

Generare risparmi nella gestione dei progetti aziendali

La generazione di risparmi in azienda è un tema fondamentale in chiave strategica e lo diventa ogni giorno di più.

Nel corso degli anni abbiamo messo a punto insieme ad alcuni colleghi una metodologia, il 3D Performance, che coniuga alcune delle più efficaci metodologie di gestione dei progetti con strumenti di facilitazione e di empowerment delle risorse umane. Tre anni dopo averne parlato una prima volta sul blog ed esserci confrontati con clienti e colleghi in un laboratorio appositamente organizzato, il modello ha visto significative applicazioni ed è giunto a maturità.

Riproponiamo sinteticamente i risultati in un video realizzato per Aula PMI di Microsoft del quale si può prendere visione qui sotto e ne parleremo più diffusamente in un webcast che sarà trasmesso martedì 25 febbraio p.v. ore 14:30 in diretta dal portale Microsoft. Sarà possibile collegarsi al webcast sia da PC cliccando qui, sia da smartphone cliccando qui.

Possiamo anche incontrarci di persona in una delle giornate dedicate, delle quali trovate maggiori informazioni qui.

3D Performance si articola in tre fasi che caratterizzano la gestione del progetto, per ciascuna delle quali sono stati individuati strumenti specifici e adatti: prima di tutto l’analisi dell’esistente, finalizzata a “smontare” l’organizzazione, capire bene  il suo funzionamento attuale e le possibili aree di miglioramento; la seconda fase ha lo scopo di evolvere l’organizzazione, mediante lo studio di una nuova configurazione dei vari elementi tecnici, organizzativi e umani; infine la terza fase mette in azione la nuova organizzazione, monitorandola e sostenendola con un processo di miglioramento continuo e ottimizzazione.

Per garantirne l’efficacia, in ciascuno di questi tre passaggi occorre intervenire a vari livelli, sull’organizzazione e sui processi come sulle risorse umane: per questo utilizziamo un mix articolato di strumenti, metodologie e best practice. Mantenendo il focus sulla necessità di raggiungere significativi e misurabili risparmi in tempi rapidi.

Project Manager o Facilitatore?

Open Space TechnologyLo scorso 25 giugno un gruppo di professionisti di provenienza diversa si è incontrato a Milano all’evento IAF Italy si presenta (link). Si è discusso di svariati temi – utilizzando la interessante tecnica dell’Open Space Technology (link) – che mi hanno fornito nuovi spunti su quanto il lavoro del project manager comprenda spesso anche quello del facilitatore di situazioni operative e negoziali. In realtà le due cose non possono essere disgiunte.

Un anno fa, nel corso di una convention di una azienda con cui collaboro, ho fatto l’affermazione ad effetto di avere fin lì operato quotidianamente come una sorta di “osteopata aziendale”, con la specifica funzione di allentare le tensioni muscolari della ‘macchina umana’ protesa nel suo sforzo massimale.
Fuori di metafora, le tecniche di facilitazione possono davvero dare un grande aiuto al project management per agevolare i processi soprattutto di tipo negoziale, inevitabili lungo tutto il corso dei progetti. Al punto che ormai da tempo ho cominciato ad applicare tecniche specifiche di facilitazione all’interno di processi di Agile Project Management nei quali mi trovo a ricoprire formalmente o informalmente il ruolo di ‘workshop facilitator’ previsto da DSDM Atern.

Riprenderò il tema nei prossimi articoli, è veramente importante soprattutto in tempi di scenari estremamente mutevoli e attraversati da tensioni come quelli in cui ci si trova ad operare attualmente.

Formazione e project management

Il convegno di Andec dello scorso 15 febbraio ha messo in evidenza alcuni orientamenti nel mondo della formazione manageriale che mi pare utile riportare.

Il primo elemento che è emerso in modo chiaro dai vari interventi della tavola rotonda è che la formazione manageriale può essere un utile strumento per vincere la crisi: in effetti le aziende più lungimiranti stanno approfittando della congiuntura per guadagnare posizioni di mercato e per supportare il processo di crescita investono in formazione.

Analizzando le statistiche relative all’anno 2011 circa gli investimenti di formazione sulle fasce più qualificate della popolazione lavorativa, i dirigenti, emerge che tra il 9% e l’11% degli investimenti in formazione sono per formare figure di ‘progettazione’ e ‘gestione’. In particolare è emersa la richiesta sempre più pressante di capacità di Change Leadership. Tutte tematiche legate al project management.

Un altro spunto interessante emerso è che le fonti di finanziamento pubblico della formazione tendono a non erogare più come in passato finanziamenti ‘a pioggia’ o su intreventi spot, ma al contrario tendono a favorire “piani bilanciati”, vale a dire iniziative organiche e progetti con una strategia complessiva. Quello sembra affermarsi è quindi il principio secondo cui è necessario dotarsi di un vero e proprio progetto di formazione.

Infine è stato posto l’accento sulla facilitazione e sul concetto di learning community come elementi chiave dei nuovi paradigmi di formazione che utilizzano gli strumenti offerti dal web 2.0. Mi ha fatto piacere perché questo blog, a suo modo, ne è un piccolo esempio.
Inoltre sempre di più mi viene chiesto anche di operare come temporary manager, quindi gestendo operativamente team (ovvero piccole comunità) di lavoro e operando un trasferimento delle competenze per osmosi, giorno per giorno, come si dice in gergo “on-the-job “.

Per chi si fosse perso il convegno e fosse interessato ai temi trattati è possibile richiedere gli atti cliccando qui.

Fiducia nel metodo di preparazione

Solo una breve riflessione di fine agosto, a valle dell’ultimo lunghissimo pre-maratona che, se mai ce ne fosse stato bisogno, mi ha dato l’ennesima lezione sulla fiducia nel metodo.

Ho passato due mesi, luglio e agosto, in cui avevo la sensazione di muovermi come un gambero, più correvo e più le prestazioni arretravano. C’è stato un momento in cui avevo l’impressione che l’involuzione sarebbe stata irreversibile.

Invece ieri con il primo fresco che sono riuscito a trovare, le cose si sono rimesse d’incanto a girare per il verso giusto e ho scoperto che l’allenamento è servito e non vado poi così male.

Come dicevo nell’ultimo post, avere fiducia nel metodo e in chi ce lo insegna, rimanere focalizzati sull’obiettivo, senza farsi risucchiare dalle ossessioni. L’ho imparato di nuovo ieri per l’ennesima volta e chissà quante volte ancora lo imparerò.

Credere a un metodo organizzativo

orso_stancoQualunque essere umano sano, normodotato e adeguatamente allenato può correre una maratona. Poi, certo, dipende anche da che costanza ci metti nell’allenarti e da che ‘cilindrata’ madre natura ti ha donato. Disponendo di una cilindrata non brillante ed essendo partito da una situazione in cui ero completamente fuori forma, personalmente dalla pratica della maratona ho imparato che se si crede in un metodo e si ha fiducia in chi ce lo insegna, si posso raggiungere risultati che prima sembravano impossibili.

Però bisogna crederci e occorre farlo sopratutto nei momenti in cui sembra di non farcela. Questo mese, tra il caldo che mi accompagnava negli allenamenti e un periodo lavorativo intenso che non aiutava a trovare grandi spazi per allenarmi, mi sentivo in certi momenti po’ come l’orso della foto qui sopra. E il pensiero andava a tutte quelle situazioni organizzative dei progetti aziendali in cui sembra che il caos debba ineluttabilmente prendere il sopravvento.

Ricollegandomi al post precedente, è proprio in queste situazioni che si vede se gli schemi organizzativi funzionano ma uno degli ingredienti perché gli schemi funzionino è la fiducia nel metodo e nel fatto che se anche oggi magari le cose non hanno girato per il verso giusto, domani sarà possibile raddrizzarle e mettere ordine all’organizzazione. “Noi abbiamo un sogno e non un ossessione” ripete come un mantra il solito controverso allenatore. E’ proprio così, occorre coltivare un sogno e non lasciare che serpeggino le ossessioni, questa è la vera essenza motivazionale e facilitativa per saper guidare un team che gestisce progetti.

Buone ferie a tutti!

Facilitare l’adozione del project management

Ho già parlato in un precedente post della proposta di una metodologia semplice ed efficace per il cambiamento in azienda, in questo mi soffermerò in particolare sulla fase di messa in atto della nuova organizzazione e dell’introduzione nella pratica di lavoro delle metodiche di project management una volta che queste sono state elaborate e definite.
Il sistema classico è quello di svolgere delle sessioni formative, anche se tale sistema ha il difetto di interrompere il lavoro delle figure aziendali che devono essere formate. Inoltre le sessioni formative hanno il grosso limite di essere avulse dal contesto lavorativo, per cui il rischio è che i concetti spiegati nelle sessioni formative stesse non vengano interiorizzati e che restino quindi inapplicati una volta che si è tornati al lavoro.

Come quindi introdurre efficacemente le metodiche in azienda nel minor tempo possibilesenza che le figure aziendali coinvolte debbano interrompere le proprie attività quotidiane?

Essendomi trovato recentemente a dover gestire alcune situazioni abbastanza complesse di introduzione di metodologie di project management, ho elaborato un modello basato sul mix di due elementi metodologici di provenienza diversa: il primo elemento stimola la creatività e la ricerca di soluzioni innovative e personalizzate, il secondo (di origine sportiva) consente di mantenere il processo di adozione rigorosamente indirizzato verso gli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Il primo elemento si rifà alle tre fasi della Teoria U di Otto Scharmer: osservare a fondo, ritirarsi per riflettere e, una volta che un’idea ‘emerge’, applicarla immediatamente per avere un primo riscontro sul campo e poi migliorare il modello per approssimazioni successive (prototipazione ciclica).

La conseguenza è quella di fare training on the  job orientato alla continua ricerca di soluzioni pratiche innovative, all’incirca quello che fa in partita un bravo allenatore di sport di squadra: osservare, prendere appunti, interpretare la situazione di gioco, inventare correttivi operativi immediati, provarli, correggerli e così via.

Per legare l’approccio descritto qui sopra, più creativo, alla metodologia di project management adottata, che creativa non è, utilizzo il secondo elemento, un metodo che ho mutuato dal più famoso e controverso allenatore di calcioanalizzo e ‘distillo’ abbastanza in dettaglio quali sono i principi di lavoro che favoriscono l’adozione in azienda della metodologia di project management che si vuole introdurre, poi verifico che le azioni identificate secondo il processo creativo siano coerenti con i principi di lavoro definiti e portino quindi all’effettivo raggiungimento degli obiettivi metodologici di project management.

Facendo questo, sviluppo un ambiente creativo, in cui le persone sono stimolate a ricercare e ‘scoprire’ all’interno di quello che già fanno le modalità per la migliore adozione del metodo di project management, non distolgo le persone dal lavoro e allo stesso tempo tengo incanalato il processo di adozione della metodologia verso il raggiungimento degli obiettivi metodologici prefissati.

Chiaramente questo approccio richiede molto lavoro preparatorio per sviluppare una certa ‘arte’ nel gestire il processo e nel definire correttamente i principi di lavoro: i rischi sono di definire i principi stessi in termini troppo teorici e vaghi, minando il conseguimento degli obiettivi metodologici, o al contrario in termini troppo operativi e dispositivi, ancorando il processo a idee preconcette, con ogni probabilità poco adatte al contesto aziendale in cui si va ad operare.

Ho verificato sul campo che l’approccio sopra descritto permette di raggiungere risultati insperati in tempi relativamente brevi. Riprenderò e approfondirò il tema in qualche prossimo post o laboratorio dal vivo.