Prince2 e responsabilità nei progetti

In questo ultimo anno ho avuto modo di riflettere parecchio sul concetto di responsabilità nei progetti, e su come questo venga pensato e attuato in contesti socio-culturali diversi. L’occasione di riflessione me la ha data ancora una volta la struttura della metodologia di project management che applico e anche insegno, Prince2.

Ben tre dei sette principi che sono a fondamento di Prince2 sono direttamente a supporto di un sostanziale meccanismo di “accountability”, per usare il termine inglese che ha un significato più forte rispetto alla semplice “responsibility”, termini entrambi normalmente tradotti in italiano con “responsabilità”. Ma il termine inglese accountability in italiano non ha un vero corrispondente perché ha un significato più stringente, esprime la responsabilità personale ultima, necessariamente in capo a un singolo, che ha il dovere di giustificare le proprie azioni e decisioni e rispondere del proprio operato, anche con una forte implicita valenza di “responsabilità morale a operare bene” e in caso contrario a “pagare di persona” (account = conto, rendiconto).

Se vogliamo davvero capire Prince2 e applicarlo in modo efficace dobbiamo, secondo me, pensare la responsabilità in termini di accountability come appena descritta. I principi Prince2 di “Giustificazione commerciale continua“, “Ruoli e responsabilità definiti” e “Gestione per eccezione” fanno riferimento a questo concetto.

Visto da una prospettiva italiana si fa un po’ fatica a immaginarsi un sistema di gestione dei progetti in cui esista una delega vera accompagnata da un’autonomia decisionale dei vari livelli gestionali, un ‘supremo’ del progetto (che Prince2 chiama Executive) che deve decidere costantemente se il progetto ha e continua ad avere un senso, nel caso non lo abbia più intervenire ‘senza pietà’ per risparmiare risorse e, in ogni caso, rispondere del progetto in prima persona. Del resto Prince2 è nato in Gran Bretagna, nella pubblica amministrazione (anche questo noi italiani facciamo fatica a immaginarlo!), quando era primo ministro una tale signora Thatcher. In Italia, al contrario, solo a enunciare certi concetti si incontra un misto tra rassegnazione allo status quo e resistenza al cambiamento.

Eppure rimango dell’idea che l’adattamento di Prince2 all’ambiente di progetto specifico, in Italia, richieda  un’adeguata comprensione del salto culturale che questo implica e una buona dose di adesione al principio anglosassone di “accountability”: nella mia esperienza l’impiego di Prince2 è stato tanto più efficace quanto più i committenti del progetto hanno accettato e metabolizzato tale passaggio culturale.

 

consapevolezza e controllo dei progetti

In questi tempi di crisi economica mi trovo a fare i conti sempre più spesso con un avversario subdolo ma dall’effetto dirompente nelle organizzazioni: la paura di affrontare la realtà per quella che è e fare delle scelte conseguenti. Sempre più spesso suggerisco quindi la visione del film “The Matrix” (il primo della trilogia) e in particolare della scena cruciale che potete rivedere qui sotto.

Ogni volta che in azienda sviluppo soluzioni di project management, funziona più o meno nello stesso modo, presto o tardi mi trovo a citare Morpheus:

Adesso ti dico perché sei qui. Sei qui perché intuisci qualcosa che non riesci a spiegarti. Senti solo che c’è. È tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra, nel mondo. Non sai bene di che si tratta ma l’avverti. È un chiodo fisso nel cervello. Da diventarci matto. È questa sensazione che ti ha portato da me. Tu sai di cosa sto parlando. <….> Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più.

Mi chiamano a occuparmi della gestione dei progetti perché c’è un’intuizione, qualcuno capisce che c’è qualcosa che non quadra e va fatto quadrare e allora chiamano un esperto. Ma dopo un po’ che sono arrivato io con la mia pillola rossa, ovvero la consapevolezza data da un reale controllo dei progetti, arrivano anche lo shock e la paura di affrontare la verità.

Qui, secondo me, sta il nocciolo di come si è innescata e di come si alimenta per molti versi la crisi attuale. Troppe volte mi trovo di fronte a persone che sono poco attrezzate mentalmente a reggere la pressione che è data dalla consapevolezza della verità, hanno paura di affrontarla e sono irresistibilmente attratte dalla rassicurante anestesia della pillola azzurra. Ma come spiego loro, dalla crisi si esce solo prendendo la pillola rossa, facendo i conti con la verità, essendo capaci di scelte coraggiose.

Ho già scritto in passato – nel post “I progetti e l’intensità di lavoro” – della necessità di allenarsi a lavorare in intensità e sotto pressione, preparandosi per tempo. Diventare maratoneta, per me che non ho velleità agonistiche, è stato anche un modo per prendere la pillola rossa, a modo mio volevo sapere se potevo spostarmi per lunghe distanze affrancandomi dalla schiavitù delle macchine, rappresentate simbolicamente dall’automobile. E con questo ho scoperto i vantaggi che l’allenamento a reggere la pressione fisica e mentale per lungo tempo dà nell’affrontare e vincere la paura delle verità scomode della vita professionale e personale.

 

Prince2 e la Strategia di Gestione della Comunicazione nei progetti

“To do our work, we all have to read a mass of papers.
Nearly all of them are far too long. This wastes time,
while energy has to be spent in looking for the essential
points.
I ask my colleagues and their staffs to see to it
that their Reports are shorter.”
Winston Churchill, Memorandum del Primo Ministro, 9 agosto 1940
Fai click qui per visualizzare il documento originale

Churchill V sign HU 55521In questo articolo mi voglio soffermare sull’importanza della buona comunicazione all’interno dei progetti.

Mi è capitato spesso di trovarmi, al primo approccio con nuovi progetti aziendali da gestire, inondato dal primo giorno e quotidianamente da decine di mail più o meno strutturate dalle quali provare a capire cosa stava succedendo intorno a me. L’uso pervasivo della posta elettronica nelle comunicazioni aziendali, con la sua facilità d’uso e informalità, ha in molti casi soppiantato tutte le altre forme di comunicazione e generato una eccessiva proliferazione di messaggi. Il caso emblematico è una mail con un oggetto del tipo “URGENTE – vedi sotto” e nel corpo del messaggio una lunghissima serie di risposte e inoltri che devono essere letti, ovviamente a partire da quello più in fondo, per provare a capire la questione; tipicamente ci si capisce poco e a valle è necessaria una telefonata per farsi spiegare meglio le cose. Se le mail di questo genere sono diverse al giorno, si corre il serio rischio che il team di progetto passi il tempo a rispondere alle mail invece che a fare il proprio lavoro, perdendo di vista le proporzioni dei fatti e le priorità.

La disciplina mentale intrinseca nell’utilizzo dei prodotti di gestione di Prince2 mi è stata di aiuto in questi anni a sistemare molte situazioni del genere. Scrivere bene o far scrivere bene, per esempio, un Rapporto su una Questione, magari creando un opportuno modello standard di mail in forma schematica tabellare, archiviando le mail ‘Questione’ in un’apposita cartella di Outlook e poi utilizzando la cartella stessa come Registro delle Questioni, ha di norma aiutato me e i miei team a definire a monte impatto, priorità e gravità delle questioni, consentire una rapida lettura e una altrettanto rapida individuazione delle azioni necessarie per la gestione, recuperando efficienza ed aumentando in efficacia.

Approccio analogo ho adottato per tutti gli altri scambi di informazione all’interno del progetto, con risultati similari. La cosa fondamentale si è però rivelata la formalizzazione di tali strumenti e modalità di comunicazione all’interno di una Strategia di Gestione della Comunicazione, in modo tale che ci fosse una condivisione e una legittimazione a livello aziendale.

Come nel caso illustre del Memorandum del Primo Ministro quotato all’inizio dell’articolo (del quale suggerisco la lettura integrale, è un piccolo capolavoro), l’impatto sull’organizzazione è tutto diverso se la Strategia di Comunicazione è firmata dal Primo Ministro in persona.

Prince2, le start-up e i progetti innovativi

“Sometimes when you innovate, you make mistakes. It’s best to admit them quickly and get on with improving your other innovations.”
Steve Jobs

Steve JobsCome già illustrato nel precedente post, Prince2 non elimina i rischi di progetto e nemmeno può eliminare le situazioni che possono far deviare un progetto dai piani previsti. Prince2 permette sicuramente però di condurre i progetti in un ambiente controllato, gestendo opportunamente le deviazioni dai piani previsti e anche fornendo i razionali per fermarli subito se non hanno più la prospettiva di produrre i benefici sperati.

Ho imparato per esperienza diretta che l’affermazione di Jobs è profondamente vera, la strada verso l’autentica innovazione è un susseguirsi di approssimazioni successive ed è inevitabilmente lastricata di errori.
Utilizzare l’approccio Prince2 a livello strategico, in contesti innovativi e fortemente a rischio come quelli delle start-up, mi ha fornito il metodo e gli strumenti per mantenere le necessarie lucidità e capacità di valutazione e giudizio per passare rapidamente al progetto successivo quando era necessario e ha quindi facilitato il concentrarsi progressivo degli sforzi sui progetti che potevano dare i migliori risultati e i maggiori benefici.

Il portato di Prince2 nei contesti innovativi si traduce quindi a livello di mentalità operativa, nel non lasciare cuocere a fuoco lento i progetti se già si vede che non daranno frutti positivi: meglio ammetterlo velocemente e passare oltre.

Prince2 e capacità decisionale

“La squadra che voglio è quella in cui, in un determinato momento e di fronte a una determinata situazione, tutti i giocatori pensano in funzione della stessa cosa simultaneamente: questo è gioco di squadra, questa è organizzazione di gioco.”
José Mourinho

Prince2 on the football Pitch!Approdando in azienda come Prince2 Practitioner ci si trova spesso di fronte a una mal riposta speranza nell’uomo della provvidenza, come se l’applicazione di un metodo garantisse in se stessa l’eliminazione di incertezze, rischi e imprevisti di progetto, che invece sono ineliminabili perché fanno parte della natura delle cose. Se non si possono eliminare, incertezze, rischi e imprevisti si possono però gestire al meglio mediante un metodo opportuno.

Prince2 non elimina l’incertezza dei progetti, ma aumenta la consapevolezza e di conseguenza aumenta la capacità decisionale e quindi in cascata il controllo sugli eventi che possono impattare i progetti.

Talvolta ho la sensazione che Prince2 cominci davvero a funzionare quando si può smettere di applicarlo, nel senso che nella mia esperienza si giunge sempre a un punto di maturazione in cui i princìpi di Prince2 sono stati talmente interiorizzati dalle persone coinvolte nei progetti, che allentando le redini dei processi di controllo, che pure Prince2 prevede, si riesce comunque a mantenere il controllo degli eventi e nel contempo si aumenta l’efficienza di gestione.

La spiegazione che mi sono dato per questo effetto paradossale è che la forza del metodo risiede davvero nei suoi princìpi, che una volta interiorizzati determinano nelle persone uno ‘stato mentale’ che induce automaticamente, quasi istintivamente, il controllo delle situazioni e delle variabili corrette. In sostanza è aumentata la capacità decisionale e le persone sanno in qualunque momento e in qualunque situazione cosa fare per controllare i progetti, un po’ come l’allenatore sopracitato si aspetta  che avvenga in una partita di calcio giocata sul prato di Stamford Bridge.

crisi economica, cambiamento aziendale e project management

Cambiare il trend aziendale

L’attuale perdurante crisi economica sta modificando assetti che abbiamo dato a lungo per scontati. Questo costringe molte aziende a gestire situazioni di cambiamento e cambiamento in azienda significa trovarsi immancabilmente a gestire progetti di una certa complessità, se non dei veri e propri turnaround.

Il riscontro sul campo è che dotando i responsabili aziendali di strumenti per affrontare efficacemente detti cambiamenti i risultati sono positivi e duraturi. Best practice consolidate di project management quali Prince2 e Agile PM, applicate in una combinazione opportuna, consentono un adeguato rigore di gestione e controllo del progetto nel suo complesso e del raggiungimento dei benefici attesi insieme al mantenimento di una opportuna flessibilità al livello operativo.

E’ un po’ come quando si corre la maratona in condizioni climatiche difficili, occorre adattare la propria azione di corsa alla situazione e al contesto che si evolve in continuazione, valutando bene cosa sia realisticamente possibile e opportuno fare secondo un approccio Agile, ma senza mai perdere di vista quelli che sono gli obiettivi e i benefici attesi, governando al meglio il rilascio del progetto sui 42km secondo un approccio più simile a Prince2, come avevo raccontato in un post di qualche anno fa.

Organizzazione e project management per sopperire alla mancanza di qualità

Un giorno un anziano ex dirigente di azienda – che mi stava dando dei consigli circa un progetto che era finito in un insuccesso del quale tendevo ad attribuire la causa alla scarsa qualità delle persone coinvolte – mi disse:

“il bravo fornaio sa fare il pane buono con la farina che ha, anche se questa non è di grande qualità”.

Gioco di squadraHo riflettuto spesso su questo spunto e mi è tornato di nuovo in mente guardando i recenti campionati del mondo di calcio, nei quali si sono viste squadre che sopperivano con l’organizzazione alla mancanza di qualità.

In effetti è così, per fare un confronto lampante preso da un passato più o meno recente, o sei l’Argentina di Maradona (con in squadra un genio che da solo risolve le partite) o sei la Grecia che ha vinto una volta il campionato europeo con una squadra di giocatori appena discreti e però un’organizzazione di squadra quasi militare.

In fondo anche il mio essere un maratoneta segue questa filosofia, perché non ho né il talento né la struttura fisica del maratoneta, però con metodo e organizzazione ho potuto raggiungere risultati impensabili a priori.

Il parallelo aziendale va alle aziende familiari che in questo periodo storico, a 50-60 dal boom economico, di frequente si trovano ad affrontare un ricambio generazionale: in molti casi queste aziende sono state create da imprenditori talentuosi che hanno giocato da soli e con iniziative spesso geniali, favorite dal momento storico, hanno costruito floride aziende e creato ricchezza; ma la sopravvivenza e la prosperità futura delle stesse aziende sono spesso date dalla capacità da parte degli eredi, con meno talento e in tempi più difficili, di affidarsi all’organizzazione per costruire una squadra che sappia raggiungere obiettivi ambiziosi applicandosi con metodo, e costanza.

Il project management è a supporto di questo tipo di approccio, forse meno creativo ma sicuramente efficace.

La metafora del rugby e il project management

rugby

Mi sono avvicinato al mondo del rugby perché lo praticano i miei figli e non credo di avere scoperto nulla di sorprendente nell’accostare il rugby al project management e nel vedere in questo sport una valida metafora utile alla comprensione dei metodi organizzativi.

Il rugby ha tutto: struttura di governance, gioco di squadra, agilità (tanto che i metodi Scrum prendono il nome dal concetto di mischia mutuato proprio dal rugby), tenuta mentale, capacità di resistere ai colpi e può essere sempre una valida metafora anche per quanto riguarda la pianificazione.

In particolare, in una fase molto critica di un progetto, ho recentemente compreso più a fondo e sperimentato il concetto che in gergo rugbistico chiamano di ‘sostegno‘. Ne avevo sentito parlare per la prima volta tempo fa, chiacchierando a cena con i figli, e mi aveva incuriosito.

Cosa è il sostegno? Cito una spiegazione che ho trovato in rete e mi è piaciuta:

“Quando chi possiede la palla è in difficoltà, i suoi compagni lo aiutano e nel fondersi con lui fanno nascere la solidarietà dei corpi, dove il giocatore non è mai lasciato solo. Questo sostegno ha un senso sociale prima che tecnico: si deve aiutare il compagno quando è in difficoltà. Non si può lasciarlo solo e ogni giocatore deve anticipare il proprio intervento per evitare che egli perda il pallone, perché l’altra squadra ha il diritto di intervenire e recuperare questo pallone. E’ la qualità umana e tecnica di questi sostegni che porterà alla conservazione o al recupero del pallone. <…> Ogni giocatore è sempre utile, mai inattivo, sempre vigile e attento: pensa per sé e per gli altri.”

Nel corso del mio progetto ho avuto la fortuna di lavorare con una squadra competente, coesa e ricca di valori umani; e il giorno della chiusura di una fase particolarmente importante, che non era iniziato sotto i migliori auspici, ho davvero avuto la sensazione che grazie al sostegno di tutta la squadra sono riuscito a raggiungere la meta per un pertugio dove fino all’ultimo mi era parso difficile poter passare.

Generare risparmi nella gestione dei progetti aziendali

La generazione di risparmi in azienda è un tema fondamentale in chiave strategica e lo diventa ogni giorno di più.

Nel corso degli anni abbiamo messo a punto insieme ad alcuni colleghi una metodologia, il 3D Performance, che coniuga alcune delle più efficaci metodologie di gestione dei progetti con strumenti di facilitazione e di empowerment delle risorse umane. Tre anni dopo averne parlato una prima volta sul blog ed esserci confrontati con clienti e colleghi in un laboratorio appositamente organizzato, il modello ha visto significative applicazioni ed è giunto a maturità.

Riproponiamo sinteticamente i risultati in un video realizzato per Aula PMI di Microsoft del quale si può prendere visione qui sotto e ne parleremo più diffusamente in un webcast che sarà trasmesso martedì 25 febbraio p.v. ore 14:30 in diretta dal portale Microsoft. Sarà possibile collegarsi al webcast sia da PC cliccando qui, sia da smartphone cliccando qui.

Possiamo anche incontrarci di persona in una delle giornate dedicate, delle quali trovate maggiori informazioni qui.

3D Performance si articola in tre fasi che caratterizzano la gestione del progetto, per ciascuna delle quali sono stati individuati strumenti specifici e adatti: prima di tutto l’analisi dell’esistente, finalizzata a “smontare” l’organizzazione, capire bene  il suo funzionamento attuale e le possibili aree di miglioramento; la seconda fase ha lo scopo di evolvere l’organizzazione, mediante lo studio di una nuova configurazione dei vari elementi tecnici, organizzativi e umani; infine la terza fase mette in azione la nuova organizzazione, monitorandola e sostenendola con un processo di miglioramento continuo e ottimizzazione.

Per garantirne l’efficacia, in ciascuno di questi tre passaggi occorre intervenire a vari livelli, sull’organizzazione e sui processi come sulle risorse umane: per questo utilizziamo un mix articolato di strumenti, metodologie e best practice. Mantenendo il focus sulla necessità di raggiungere significativi e misurabili risparmi in tempi rapidi.

Preparazione alla maratona, prioritizzazione MoSCoW e timeboxing

Ho già parlato in un precedente articolo di metodi agili e timeboxing. Nell’anno che si sta concludendo ho avuto davvero poco tempo per allenarmi, mi sono dovuto davvero imporre per farlo con una certa continuità e ho avuto quindi modo di sperimentare quasi quotidianamente  come, disponendo di tempi fissi e stretti, si renda necessario dare una priorità alle attività di allenamento.

In questo senso il metodo di lavoro adottato quest’anno ha aderito davvero a criteri di Agile Project Management, in particolare di prioritizzazione MoSCoW: tempi e costi fissi, ambito variabile e da prioritizzare in base a cosa sia indispensabile fare (Must have), auspicabile fare (Should have), possibile fare (Could have) e cosa invece si decide di non fare (Won’t have).

timeboxingLa scarsità di risorse mi ha imposto un “costo” fisso in termini di tempo-corsa erogabile, i tempi sono rimasti quelli prefissati fino al prossimo appuntamento podistico in primavera, in sostanza ho quindi dovuto lavorare sull’ambito ovvero sul risultato atteso e modulare, in funzione di quello che riuscivo a fare, il tipo di obiettivo da ottenere: potrebbe essere una 10km, una mezza maratona (21km) o una maratona intera (42km), la cosa importante è quella di rimanere focalizzato su un obiettivo che sia consistente e produca una valore effettivo (ovvero la forma necessaria per correre bene la corsa), poi l’entità del valore prodotto (la corsa da 10-21-42 km) dipenderà da quanto riuscirò a cambiare la scala del progetto e aumentare l’erogabile in termini di costo.

La morale è che sarebbe stato inutile darsi l’obiettivo di una maratona intera per poi arrivare a ridosso della gara con una preparazione scadente. Meglio andare per gradi e puntare per la stessa data a qualcosa di effettivamente raggiungibile e farlo bene, per poi progredire in modo incrementale e puntare nei mesi successivi a raggiungere la forma necessaria per raggiungere obiettivi più ambiziosi. La mia corsa, in questi tempi, è Agile.