Come funziona Kanban: la pratica ‘Esplicita le policy’, significato, benefici e un esempio

Ho già accennato in un precedente articolo alla pratica ‘Esplicita le policy’ del metodo Kanban, in questo articolo ne spiegherò meglio il significato, i benefici e farò un esempio. Questa pratica mira a stabilire regole chiare e condivise che governano il flusso di lavoro, favorendo la trasparenza e la coerenza all’interno del team.

Cosa significa ‘Esplicita le policy’?

Esplicitare le policy nel contesto del Metodo Kanban significa definire in modo chiaro e condiviso le regole, gli standard e le aspettative che regolano il flusso di lavoro. Queste policy possono riguardare diversi aspetti del processo, come i criteri di ingresso e uscita da ciascuna fase del lavoro, la gestione delle priorità, o le condizioni necessarie per spostare un’attività da una colonna all’altra sulla Kanban board.

L’obiettivo di questa pratica è ridurre l’ambiguità e migliorare la comprensione comune all’interno del team. In questo modo, ogni membro del gruppo sa esattamente cosa ci si aspetta da lui in ogni fase del flusso di lavoro e quando è appropriato intraprendere una determinata azione.

Colonna della Kanban board con evidenziata una policy e il limite al WIP

Esempio di ‘Esplicita le policy’ in azione

Recentemente sto applicando Kanban insieme al team di un ufficio marketing che ha iniziato a utilizzare Kanban per gestire il flusso di lavoro. La Kanban board è divisa in alcune colonne, ognuna delle quali rappresenta una fase specifica del processo, come “Da fare”, “In corso”, “Revisione”, e “Completato”.

Il team ha deciso di esplicitare le policy per ciascuna colonna, definendo chiaramente cosa significa, ad esempio, che un’attività può passare dalla colonna “In corso” alla colonna “Revisione”. La policy stabilita è che un task, per esempio la scrittura di un comunicato stampa, può essere spostato solo dopo che sono state eseguite delle verifiche sul testo del comunicato e ricevuto un riscontro da almeno un collega. Questo standard aiuta a garantire che nessuna attività passi alla fase successiva senza essere adeguatamente revisionata, migliorando così la qualità complessiva del prodotto finale.

Oltre a questo, il team ha stabilito anche una policy per il numero massimo di attività che possono essere presenti nella colonna “In progress” (vedi anche Limitare il Work in Progress – WIP). Questa regola serve a evitare sovraccarichi di lavoro, garantendo che ciascun membro del team non abbia, per esempio, più di tre task attivi contemporaneamente.

Benefici di esplicitare le policy

  1. Maggiore trasparenza e chiarezza: Una delle sfide principali nei team di lavoro è mantenere tutti i membri allineati su obiettivi, procedure e aspettative. Esplicitando le policy, ogni persona coinvolta ha una visione chiara di come procedere in ogni fase del progetto. Questo riduce i malintesi e facilita una comunicazione più efficace.
  2. Miglioramento della qualità del lavoro: Definire criteri chiari per il passaggio delle attività da una fase all’altra aiuta a garantire che il lavoro sia svolto con uno standard elevato. Nell’esempio citato, la policy relativa alla revisione del comunicato stampa assicura che ogni task venga controllato attentamente prima di avanzare, riducendo il rischio di errori e migliorando la qualità del prodotto finale.
  3. Ottimizzazione del flusso di lavoro: Le policy servono anche a ottimizzare il flusso del lavoro e a ridurre i colli di bottiglia. Ad esempio, il limite WIP nel nostro esempio aiuta a mantenere un equilibrio tra lavoro iniziato e completato, evitando che il team si sovraccarichi di task senza portarne a termine alcuno. Questo approccio contribuisce a migliorare l’efficienza e a completare le attività più rapidamente.
  4. Facilitazione del miglioramento continuo: Esplicitando le policy, il team ha una base concreta da cui partire per migliorare costantemente il processo. Le regole definite possono essere riviste e adattate in base alle esigenze del team, rendendo il Metodo Kanban uno strumento flessibile e adattabile. Ogni volta che si riscontrano inefficienze o problemi, il team può modificare le policy per affrontarli in modo sistematico e continuo.
  5. Riduzione dello stress: Quando le regole sono chiare e ben definite, i membri del team sanno esattamente quali sono le loro responsabilità e cosa ci si aspetta da loro. Questo contribuisce a ridurre l’incertezza e lo stress, migliorando il morale del gruppo e creando un ambiente di lavoro più sereno e produttivo.

Conclusione

La pratica ‘Esplicita le policy’ è una componente essenziale del Metodo Kanban che aiuta a migliorare la trasparenza, la qualità del lavoro e l’efficienza del flusso di lavoro. Definendo regole chiare e condivise, i team possono lavorare in modo più coeso e produttivo, migliorando costantemente il loro approccio al lavoro. Implementando questa pratica, le aziende possono trarre vantaggio da un ambiente di lavoro più efficiente, flessibile e orientato alla qualità.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Come funziona Kanban: limitare il Work in Progress (WIP), un approccio migliorativo rispetto al Drum-Buffer-Rope della Teoria dei Vincoli

Ho già spiegato in un precedente articolo l’utilità della Teoria dei Vincoli per stabilizzare i flussi di lavoro, in questo approfondisco come la pratica Kanban di Limitare il Work in Progress (WIP) sia un approccio migliorativo rispetto al Drum-Buffer-Rope (DBR) della Teoria dei Vincoli.

In cosa consiste la pratica Kanban di Limitare il WIP?

Limitare il WIP (Work in Progress) è uno dei pilastri del metodo Kanban, che prevede di fissare un limite al numero di attività che possono essere gestite simultaneamente in ogni fase del processo lavorativo. Questo approccio permette di stabilizzare il flusso di lavoro, mantenere alta la focalizzazione e ridurre il multitasking, creando le condizioni per una migliore qualità del lavoro. Limitare il WIP rende più evidenti i colli di bottiglia in qualunque punto del processo, garantendo interventi tempestivi per risolvere le inefficienze.

Drum-Buffer-Rope (DBR) nella Teoria dei Vincoli

Il DBR è una tecnica sviluppata all’interno della Teoria dei Vincoli. Si basa sul principio che in ogni processo esiste un ‘vincolo’, ovvero un collo di bottiglia che determina la velocità complessiva del sistema. Il metodo DBR si concentra su questo vincolo, cercando di sincronizzare tutte le altre attività attorno a esso. Gli elementi fondamentali del DBR sono:

  • Drum: Il ritmo di lavoro dettato dal vincolo.
  • Buffer: Una riserva di attività pronta per essere lavorata dal vincolo.
  • Rope: Un meccanismo che sincronizza il flusso delle attività per evitare sovraccarichi.

Il DBR è un approccio efficace per contesti in cui un singolo vincolo domina l’intero processo, ma non sempre è adatto a flussi di lavoro più complessi e dinamici.

Sistema Kanban con indicati i limiti al WIP (sotto ai titoli delle colonne).
Fonte: Andy Carmichael – © CC BY-SA 4.0

Perché Limitare il WIP è migliorativo rispetto a DBR

1. Ottimizzazione di ogni fase vs. focalizzazione su un singolo vincolo

Il principale vantaggio di Limitare il WIP rispetto al DBR è che permette di ottimizzare ogni fase del flusso di lavoro, non solo quella corrispondente al vincolo principale. Nel DBR, tutta l’attenzione è focalizzata sull’elemento più lento o meno efficiente del sistema, trascurando possibili inefficienze in altre fasi. Limitare il WIP, invece, stabilisce dei limiti per ciascuna fase, garantendo che il carico di lavoro sia sempre bilanciato. Ciò consente una visione d’insieme del processo, identificando colli di bottiglia in qualsiasi punto, e non solo in corrispondenza del vincolo principale.

2. Maggiore flessibilità

Un altro punto di forza di Limitare il WIP è la sua flessibilità. Il metodo permette di adattare i limiti in base alle necessità e al carico di lavoro del team. Se una fase del processo si rivela più critica in un determinato momento, è possibile intervenire velocemente e cambiare i limiti al WIP. Al contrario, il DBR è più rigido e focalizzato sul vincolo principale, risultando meno efficace in situazioni dinamiche, dove i colli di bottiglia possono spostarsi rapidamente da una fase all’altra.

3. Miglioramento della qualità e riduzione del multitasking

Mediante la pratica di Limitare il WIP, i team sono incentivati a terminare le attività già iniziate prima di avviare nuove, riducendo così il multitasking. Questo approccio aumenta la qualità del lavoro, in quanto permette di dedicare maggiore attenzione alle singole attività. Nel DBR, invece, la priorità è mantenere attivo il vincolo principale, il che può portare a sovraccaricare altre fasi del processo, inducendo il team a spostare la propria attenzione su più attività contemporaneamente.

4. Maggiore trasparenza e visibilità dei problemi

Limitare il WIP garantisce una trasparenza immediata grazie alla visualizzazione del flusso di lavoro per esempio su una Kanban board, dove ogni fase, ogni attività e i limiti al WIP sono chiaramente rappresentati. Quando si raggiunge il limite WIP in una fase, diventa subito evidente che ci sono problemi da risolvere. Con il DBR, la visibilità è limitata al vincolo principale, il che può far trascurare inefficienze in altre fasi del processo.

5. Prevedibilità e stabilizzazione del flusso

Infine, Limitare il WIP contribuisce a rendere il flusso di lavoro maggiormente prevedibile e stabile. Limitare il numero di attività in corso riduce i tempi di attesa e la variabilità, permettendo una gestione più accurata. Il DBR, concentrandosi sul vincolo principale, non sempre offre la stessa prevedibilità, poiché parti del processo a monte del vincolo principale potrebbero accumulare ritardi non previsti.

David J. Anderson, nel suo libro Discovering Kanban, a questo proposito spiega (la traduzione e mia): “Drum-Buffer-Rope porta il flusso a procedere al ritmo del collo di bottiglia e impedisce all’intero sistema di sovraccaricarsi: crea stabilità. Tuttavia, nella sua forma più semplice, non è robusto alla variabilità dei tempi di ciclo o alla disomogeneità del flusso a monte del collo di bottiglia. Nel caso in cui il collo di bottiglia si bloccasse, il lavoro già iniziato continuerebbe a scorrere verso di esso. Il riavvio del processo del collo di bottiglia diventa problematico, in quanto potrebbe essere sopraffatto dal lavoro che si accumula in eccesso nel suo buffer protettivo a monte.”

Un esempio pratico: Limitare il WIP vs DBR

Consideriamo un team di sviluppo software che lavora allo sviluppo di un nuovo software. Il flusso di lavoro comprende diverse fasi: analisi, sviluppo, testing e rilascio. Supponiamo che la fase di testing sia un collo di bottiglia, perché solo uno sviluppatore è qualificato per svolgere i test più complessi.

Applicazione del DBR

Utilizzando il metodo DBR, il team si concentra sul vincolo, cioè la fase di testing. Il tester lavora al ritmo massimo possibile (il “drum”), e viene creata una riserva di lavoro (buffer) per assicurarsi che il tester non rimanga mai senza lavoro da eseguire. Nel frattempo, un meccanismo di controllo (rope) impedisce che troppo lavoro entri nel sistema, sincronizzando tutte le altre fasi al ritmo del tester.

Questo approccio permette di garantire che il vincolo non rimanga inattivo, ma può creare squilibri in altre fasi del processo. Ad esempio, lo sviluppo o l’analisi potrebbero accumulare più lavoro del necessario, o rimanere in attesa senza produrre valore, creando inefficienze non rilevate.

Applicazione della pratica Limitare il WIP

Con la pratica Limitare il WIP di Kanban, il team stabilisce un numero massimo di attività per ogni fase del processo. Ad esempio, nella fase di testing si decide che non possono essere in corso più di 3 attività contemporaneamente. Quando questo limite viene raggiunto, il team deve fermarsi e risolvere i problemi nella fase di testing prima di aggiungere nuove attività.

Allo stesso modo, limiti WIP vengono fissati anche nelle fasi di sviluppo e analisi, per evitare che si accumuli lavoro in eccesso in una sola fase. Questo approccio assicura che ogni fase del processo mantenga un carico di lavoro bilanciato, riducendo i tempi di attesa e stabilizzando il flusso di lavoro complessivo. Se, ad esempio, lo sviluppo raggiunge il suo limite, il team è costretto a risolvere il blocco prima di spostare nuove attività verso la fase successiva.

Nel lungo termine, Limitare il WIP garantisce che il team mantenga un ritmo costante, riducendo al minimo gli sprechi di tempo e risorse. In questo modo, non solo si risolve il problema del vincolo principale, ma si ottimizza l’intero processo, portando a un miglioramento complessivo delle prestazioni.

Conclusioni

Sebbene il Drum-Buffer-Rope della Teoria dei Vincoli rappresenti un valido approccio per ottimizzare il flusso di lavoro attorno a un vincolo principale, Limitare il WIP in Kanban si dimostra più efficace in ambienti complessi e dinamici. Limitare il WIP offre maggiore flessibilità, trasparenza e ottimizza ogni fase del processo, non solo il vincolo. Inoltre, riduce il multitasking e aumenta la qualità del lavoro, contribuendo a stabilizzare e rendere più prevedibile l’intero flusso.

La pratica Kanban di Limitare il WIP consente ai team di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e migliorare continuamente, rendendolo un approccio più robusto e adatto ai contesti attuali e ai settori in cui la gestione efficace del flusso di lavoro è fondamentale per mantenere l’organizzazione economicamente sostenibile.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Come funziona Kanban: Personal Capacity Planning, una pratica che aumenta la produttività dei team Kanban

Questo articolo è la traduzione in italiano di un articolo già precedentemente pubblicato in inglese su questo blog.
Link all’articolo originale.

La pratica di guardare al programma settimanale tipico e di fare un’analisi personale della capacità produttiva rispetto alle diverse attività da svolgere – che ho chiamato Personal Capacity Planning – è un esercizio che da oltre un decennio suggerisco alle persone a cui faccio da coach in molte organizzazioni. E ha sempre aumentato la loro produttività.

Primo passo: cercare i modelli settimanali personali

Il metodo applicato è molto empirico e pragmatico. Non vengono fatte stime o pianificazioni delle attività, che sarebbero dispendiose in termini di tempo e di denaro; l’idea è invece quella di ricordare ciò che è stato fatto in media nelle ultime settimane, alla ricerca di un modello. Un approccio alternativo consiste semplicemente nel tenere traccia e registrare ciò che viene fatto nell’arco di due o tre settimane.

Personal Capacity Planning su lavagna del 2011

Ciò che emerge è di solito un modello di come i carichi sono tipicamente distribuiti per mantenere il livello di attività corrente, e la cosa che mi ha sempre sorpreso è come si possano individuare modelli sensati anche in organizzazioni piuttosto caotiche (livello di maturità tra 0 e 3 del Modello di Maturità Kanban). È come se le persone in queste organizzazioni tendessero istintivamente a compensare il caos che le circonda dandosi delle routine prevedibili a livello personale. Inoltre, mantiene la sua utilità anche nelle organizzazioni con un livello di maturità più elevato.

Secondo passo: regolare i modelli per far evolvere il flusso di lavoro

L’aspetto interessante è che questa tendenza istintiva può essere sfruttata per evolvere e stabilizzare i flussi di lavoro. Il solo fatto che le persone visualizzino la loro settimana tipo e ne diventino più consapevoli, tende a stabilizzare il loro comportamento e quindi il sistema. Inoltre, applicando altre pratiche Kanban insieme al team, come la visualizzazione del lavoro, l’analisi dei flussi di lavoro, la raccolta delle metriche iniziali e la comprensione delle azioni che possono migliorare il flusso di lavoro, il team può agire in modo condiviso sui modelli personali di pianificazione delle capacità, cercando di modificarli per facilitare il miglioramento del flusso di lavoro nella direzione desiderata. All’interno delle cadenze Kanban, in primo luogo il Team Kanban Meeting ma anche la Service Delivery Review, il team può discutere e condividere come eseguire esperimenti safe-to-fail regolando ogni singolo pattern per far evolvere i flussi di lavoro, in modo che con successivi aggiustamenti nel tempo i flussi di lavoro possano essere stabilizzati e ottimizzati.

Ho trovato questa pratica particolarmente utile quando le persone sono impegnate in diversi team e in diversi flussi di lavoro, e ho sempre osservato empiricamente una tendenza a riequilibrare le prestazioni tra i flussi, ad esempio rallentando i flussi di lavoro che stanno ottenendo risultati migliori rispetto agli SLA (livelli di servizio concordati) a favore di un’accelerazione dei flussi di lavoro che sono sottoperformanti.

Personal Capacity Planning su supporto elettronico del 2024

Terzo passo: riservare la capacità secondo le proprie esigenze

Regolare e riequilibrare la capacità personale permette anche di riservare della capacità, se necessario. Quando ho attuato questa pratica per la prima volta, nel 2011, ero il delivery manager di un’azienda di software e guidavo un gruppo di project manager. Il problema principale di allora era che molte risorse impegnate nei progetti erano condivise ed erano anche impegnate in altre attività di manutenzione operativa. È stato allora che ci è venuta l’idea di riservare degli “slot” di capacità, in modo da evitare conflitti con i progetti e assicurarci che la capacità disponibile per i progetti fosse realistica.

In seguito ho utilizzato lo stesso approccio ogni volta che mi sono trovato in una situazione simile. Ad esempio, mi ha aiutato ad applicare Scrum: se le stesse persone dovevano partecipare a team diversi, di cui solo alcuni applicavano Scrum, nasceva la necessità di riservare slot condivisi in cui lavorare in co-locazione e applicare i “rituali” di Scrum. Più di recente, l’ho utilizzato per i team che sono coinvolti in attività di supporto e service desk oltre che in progetti di sviluppo, bilanciando i carichi di lavoro e riservando i turni come agenti del service desk.

Come questa pratica può esservi di aiuto?

La reazione iniziale all’introduzione di questa pratica è sempre stata di sospetto, come se volessi farmi gli affari del team e controllarli mettendoli in una sorta di “gabbia”. Dopo qualche tempo, però, le persone hanno sempre scoperto che non si tratta di una “gabbia”, ma di un metodo gestito autonomamente dal team stesso e finalizzato a sostenere la stabilità e la prevedibilità del loro sistema di lavoro, indipendentemente da fattori esterni di disturbo. Una maggiore stabilità e prevedibilità del sistema significa che le persone, e i team di cui fanno parte, hanno nel tempo un controllo sempre più efficace sui livelli di servizio che offrono ai clienti e quindi, in ultima analisi, diventano padroni del proprio destino.

Questa pratica non limita, non rinchiude il team in una “gabbia”, ma fa l’opposto, sollevando il team dalla pressione esterna. È un concetto controintuitivo che può essere compreso appieno solo sperimentando una pratica che si integra perfettamente con il Metodo Kanban ed è pienamente in linea con i suoi principi.

Come funziona Kanban: ottimizzare i processi aziendali con la Teoria dei Vincoli (TOC) in Kanban

In questo articolo vi parlo di come funziona Kanban, approfondendo come sia possibile ottimizzare i processi aziendali con la Teoria dei Vincoli (TOC) in Kanban. La Teoria dei Vincoli (TOC), introdotta da Eliyahu M. Goldratt negli anni ’80 del secolo scorso, è un approccio che mira a migliorare le prestazioni delle organizzazioni concentrandosi su quei pochi fattori che limitano la produttività. TOC si basa su un concetto fondamentale: ogni sistema ha un vincolo che ne determina la capacità massima. Pertanto, il miglioramento complessivo dipende dall’individuazione e dalla gestione del vincolo più critico.

Cosa sono i Vincoli?

Un vincolo, nella Teoria dei Vincoli, è qualsiasi elemento che impedisce a un sistema di raggiungere i suoi obiettivi perché costituisce un collo di bottiglia. Questo elemento può essere una risorsa scarsa, una politica aziendale, una fase produttiva, o addirittura la domanda di mercato. Come Goldratt descrisse, i vincoli sono come l’anello debole di una catena: è inutile rinforzare gli altri anelli se non si rafforza quello che effettivamente limita la resistenza dell’intero sistema.

I cinque passaggi della Teoria dei Vincoli

Per applicare la TOC, Goldratt ha proposto cinque passaggi che aiutano a identificare e gestire i vincoli in maniera sistematica:

  1. Individuare il vincolo: Il primo passo è capire quale parte del sistema limita il rendimento complessivo. Ad esempio, può essere un macchinario lento in una linea di produzione o una fase burocratica in un processo amministrativo.
  2. Sfruttare il vincolo: Una volta identificato il vincolo, è necessario massimizzare il suo rendimento. Bisogna ottimizzarne l’uso, assicurandosi che non ci siano interruzioni e che funzioni al massimo della sua capacità.
  3. Subordinare tutto al vincolo: In questo passaggio, si adattano tutte le altre fasi del processo alla capacità produttiva del vincolo. Ciò significa che le altre risorse non dovrebbero produrre oltre la capacità del vincolo, per evitare l’accumulo di work in progress o ritardi in altre parti del sistema.
  4. Elevare il vincolo: Se il vincolo continua a limitare la produttività, bisogna prendere misure per aumentare la sua capacità. Questo può includere l’acquisto di nuove attrezzature, l’assunzione di personale aggiuntivo o il cambiamento di politiche che causano inefficienze.
  5. Ricominciare il ciclo: Una volta che il vincolo è stato elevato o eliminato, è possibile che emerga un nuovo vincolo. Il processo ricomincia, garantendo un miglioramento continuo.
Schematizzazione del sistema Drum, Buffer e Rope (DBR)

Drum, Buffer e Rope

Un concetto chiave all’interno della TOC è il modello Drum, Buffer, Rope (DBR), che aiuta a sincronizzare i processi produttivi attorno al vincolo.

  • Drum (Tamburo): Il tamburo rappresenta il ritmo del sistema, imposto dal vincolo. Questo ritmo determina la cadenza a cui tutto il sistema deve operare, come un tamburo che scandisce il passo.
  • Buffer (Cuscinetto): Il cuscinetto è una riserva di lavoro che viene posta prima del vincolo, garantendo che esso non resti mai inattivo. Il buffer serve per assorbire le eventuali fluttuazioni o inefficienze in altre parti del sistema, proteggendo il vincolo da ritardi.
  • Rope (Corda): La corda è il meccanismo di comunicazione che collega i processi a monte del vincolo. Serve a controllare il flusso di lavoro verso il vincolo, evitando sovrapproduzione. La corda sincronizza il ritmo dell’intero sistema con quello del vincolo.

Applicazione della TOC con il Metodo Kanban

Il metodo Kanban integra perfettamente la TOC per la gestione dei vincoli nei flussi di lavoro, vediamo come:

  1. Individuare il vincolo: Attraverso l’uso di una Kanban board e delle metriche Kanban, è facile individuare il vincolo osservando dove si accumula il lavoro e misurando i tempi di attraversamento di ciascuna fase di lavoro. Le aree dove il lavoro si accumula indicano i colli di bottiglia. Questo rende visibile il vincolo, consentendo all’organizzazione di intervenire su di esso.
  2. Sfruttare il vincolo con Kanban: Una volta identificato il vincolo, la TOC consiglia di massimizzare il suo utilizzo. Kanban, grazie al suo meccanismo di “pull” (tirare il lavoro in base alla domanda), consente di gestire il flusso di lavoro in modo che il vincolo operi al massimo della sua capacità senza essere sovraccaricato.
  3. Subordinare tutto al vincolo: Kanban è eccellente nel subordinare le altre risorse al ritmo del vincolo. Con i limiti di WIP (Work In Progress), il metodo Kanban controlla che le risorse a monte non producano troppo, evitando che il vincolo venga sopraffatto dal carico di lavoro.
  4. Elevare il vincolo: Quando il vincolo raggiunge la sua capacità massima, l’organizzazione può decidere di investire per aumentarne la capacità. Ad esempio, potrebbe voler migliorare una fase del processo o aumentare le risorse a disposizione del vincolo. Anche in questo caso Kanban può evidenziare i miglioramenti implementati e facilitare la gestione del cambiamento.
  5. Iterare con Kanban e TOC: La combinazione di TOC e delle altre pratiche Kanban offre un ciclo continuo di miglioramento. Man mano che un vincolo viene risolto, Kanban permette di monitorare visivamente e misurare se emerge un nuovo vincolo e dove intervenire.

Un esempio pratico: l’Onboarding dei dipendenti

Utilizzando Kanban e la TOC un dipartimento di risorse umane ha migliorato drasticamente le proprie prestazioni, come ho già raccontato in un case study precedentemente pubblicato e approfondito in un webinar. Il dipartimento di risorse umane stava cercando di migliorare il processo di Onboarding dei nuovi dipendenti. Applicando Kanban, il team di lavoro ha visualizzato l’intero processo, dalla presa in carico fino all’integrazione dei nuovi arrivati nell’organizzazione, e ha cominciato a misurare i tempi di percorrenza delle varie fasi. Nel corso del tempo, si è osservato che una fase particolarmente lenta era quella legata alla firma del contratto, dove i nuovi assunti restavano disorientati dalla procedura di firma digitale, con l’effetto che questa fase del processo si protraeva per giorni, se non per settimane.

Seguendo la TOC, si è identificato questo come il vincolo. Si è stabilito che la fase di firma del contratto dovesse determinare il ritmo e la velocità di tutto il flusso di lavoro (drum). Si poi è creato un piccolo buffer di candidati pronti per firmare il contratto, in modo da non fare mai mancare lavoro alla fase che limita la velocità di tutto il processo. Infine, il flusso di lavoro è stato controllato tramite la ‘corda’ (rope), rappresentata dai limiti di WIP all’ingresso e lungo il flusso, in modo da non aggiungere troppi nuovi candidati nel processo fino a quando la fase di firma del contratto non fosse in grado di gestirli.

Il risultato immediato è stato quello di riuscire a stabilizzare il flusso di lavoro e renderlo prevedibile. Successivamente il vincolo è stato elevato, ovvero la fase di firma del contratto è stata ottimizzata, per accelerarla e di conseguenza accelerare tutto il processo. Questo ha permesso il dimezzamento del tempo di processo totale nel giro di circa un mese. Iterando poi il ciclo di miglioramento, nell’arco di un anno si è ottenuta una riduzione pari a quasi il 90% del tempo di processo totale.

Conclusione

La Teoria dei Vincoli all’interno del metodo Kanban è uno strumento estremamente potente per ottimizzare i processi aziendali. Mentre la TOC individua e affronta i vincoli che limitano le prestazioni, altre pratiche Kanban permettono di gestire in modo sistemico e flessibile il flusso di lavoro. La combinazione di questi approcci offre un ciclo continuo di miglioramento, rendendo l’organizzazione più efficiente, adattabile e pronta a rispondere ai cambiamenti.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
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Migliora il tuo project management con Kanban: Churchill ci insegna a scrivere le policy

Una delle pratiche generali del metodo Kanban è ‘Esplicita le Policy’ (Make Policies Explicit), che da un punto di vista pratico significa definire, scrivere e rendere chiare a tutti le regole di funzionamento del proprio sistema Kanban. Nella mia esperienza di coach osservo che questo è un aspetto spesso poco considerato, mentre invece è di un’importanza cruciale.

In questo articolo vi riporto e commento un famoso dispaccio declassificato di Winston Churchill, primo ministro britannico durante la seconda guerra mondiale, che ci insegna come si scrivono le policy. E ci insegna anche a cosa servono le policy.

A cosa servono le policy

Le policy definiscono come si svolge il lavoro in ogni fase del processo, come viene visualizzato il lavoro, come vengono prese le decisioni e quali sono gli interlocutori con cui relazionarsi, sia all’interno dell’organizzazione di servizi che con i clienti. Rendere esplicite le policy è essenziale per rendere il flusso di lavoro stabile e affidabile.

Il dispaccio di Churchill definisce una policy che spiega in modo chiaro e per punti le modalità secondo cui devono essere scritti i report perché siano efficaci. Lo stesso vale per le policy dei sistemi Kanban, sono istruzioni operative che devono descrivere cosa fare perché il flusso di lavoro funzioni efficacemente.

Peraltro chi si occupa di progetti e project management non può non notare il richiamo del dispaccio ad evitare di produrre carta e burocrazia inutile e limitarsi all’essenziale. Anche questo è un insegnamento che ritroviamo nel metodo Kanban. Per esempio la pianificazione dei progetti con Kanban permette di elaborare una previsione affidabile dei tempi e costi di progetto in modo rapido, economico ed efficace, senza inutili appesantimenti.

Come si scrivono le policy

Le policy devono quindi essere scritte in linguaggio semplice e comprensibile a tutti, sono istruzioni operative, non devono impressionare qualcuno ma essere applicate sistematicamente in modo tale da aiutare la stabilizzazione del flusso di lavoro.

Il dispaccio di Churchill è scritto nelle stesse modalità che descrive, in modo tale da essere esso stesso un esempio di come si scrivono i report. Per questo mi pare che sia un ottimo esempio di guida pragmatica, attuabile e basata su evidenze, come ci insegna a fare anche il metodo Kanban.

Spesso riscontro invece nelle aziende una preoccupazione per la forma con cui vengono scritte le policy. In una certa misura è comprensibile, ma non deve portare a perdere di vista la sostanza, come invece succede troppo spesso. La prerogativa dei sistemi Kanban non è quella di essere formalmente ineccepibili, quanto quella di funzionare in modo affidabile ed evolvere nel tempo.

A chi servono le policy

Le policy servono a chi opera sul flusso di lavoro per sapere come deve comportarsi nelle varie situazioni. Il team è chiamato a definire le policy che permetteranno di lavorare meglio e poi a rispettarle o a modificarle se non sono funzionali. In questo senso più che la scrittura delle policy è importante la loro applicazione. Se sapremo portare i flussi di lavoro ad essere stabili, sapremo poi anche evolverli, altrimenti no. Troppe volte vedo policy, anche pensate bene, che poi restano all’atto pratico lettera morta.

Di nuovo ci è di ispirazione il dispaccio di Churchill, che nell’ultimo paragrafo riassume il senso profondo del metodo Kanban: “la disciplina di esporre i punti concreti in modo conciso si rivelerà un aiuto per una maggiore chiarezza di pensiero”. E conseguentemente di azione.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Migliora il tuo Project Management con Kanban: gestire ed evolvere un’organizzazione che eroga servizi

Il metodo Kanban è uno strumento efficace per stabilizzare e poi evolvere in modo efficace ogni organizzazione che eroga servizi. Ho già raccontato in un precedente articolo come sia possibile utilizzare Kanban per misurare ed equilibrare i carichi di lavoro tra flussi di lavoro diversi. Questo è reso possibile dal fatto che i flussi vengono analizzati come se fossero indipendenti uno dall’altro, ciascuno di loro viene gestito e stabilizzato fino a farlo diventare affidabile e robusto a prescindere da ciò che accade nel resto del sistema. Infine si cerca di equilibrare in modo empirico e sperimentale la rete dei flussi collegati insieme, sempre però evitando la centralizzazione del controllo, che porterebbe il sistema complessivo a essere fragile. Al contrario una rete di sistemi Kanban è resiliente perché l’eventuale degradarsi di una parte ha sempre un impatto limitato sul resto del sistema.

L’applicazione di Kanban ai servizi

La funzione IT di Grow, l’azienda citata nel precedente articolo, che ricordo utilizza processi e ruoli basati sul framework ITILv3, ha la possibilità di equilibrare i carichi perché nell’arco di qualche anno ha fatto evolvere costantemente la propria struttura basandosi sulla logica sopra descritta. Nell’immagine si può vedere come il nucleo del sistema si basi oggi su tre sistemi Kanban, interconnessi ma indipendenti. Il primo è l’IT Portfolio, il flusso di lavoro che permette in modo trasparente di orchestrare tutti gli altri servizi e di destinare le risorse dove necessario. Il secondo è il Service Desk, flusso che gestisce il supporto agli utenti (richieste di servizio e incidenti). Il terzo è l’IT Workflow, flusso che elabora tutti gli elementi di lavoro relativi ai processi ITIL necessari far funzionare i servizi IT erogati dal sistema complessivo.

Le altre funzioni aziendali di Grow, che sono i ‘clienti’ della funzione IT, e che a loro volta sono in parte gestite con sistemi Kanban – come per esempio l’HR – interagiscono con il Service Desk per quanto riguarda l’operatività corrente e con l’IT Portfolio per richiedere tutti i miglioramenti ai servizi utilizzati. L’IT Portfolio indirizza i miglioramenti di piccola entità (Change Request – CR) all’IT Workflow, che li processa. Invece i miglioramenti di maggiore entità (Progetti) vengono indirizzati a un sistema Kanban specifico per la gestione dei progetti.

L’applicazione di Kanban ai progetti

La funzione IT di Grow ha un sistema di project management che si basa su PRINCE2 e AgilePM e anche nel caso dei progetti ha fatto evolvere il proprio project management grazie ai sistemi Kanban sviluppati al proprio interno. Il sistema Kanban del Progetto orchestra in modo trasparente il progetto stesso e indirizza lo sviluppo dei componenti ai vari team, che nel caso della nostra funzione IT sono per lo più dei fornitori esterni.

I fornitori esterni nella quasi totalità dei casi non utilizzano un sistema Kanban, ma come detto la loro eventuale instabilità impatta in modo limitato i sistemi Kanban interni che mantengono autonomamente la propria stabilità. Dai fornitori esterni possono anche ritornare delle richieste all’IT Workflow, per esempio per i test dei sistemi informatici che sono sviluppati dal progetto, oppure per i cambi di configurazione dei servizi modificati dal progetto.

Il sistema Kanban di Progetto, infine, non vede l’IT Portfolio solo come ‘committente’, ma interagisce anche con esso per richiedere eventuali CR fuori dal proprio ambito.

Mantenere il sistema bilanciato

E’ necessario sottolineare di nuovo l’importanza che hanno avuto e che hanno nel sistema dell’IT di Grow lo sviluppo, la gestione e la stabilizzazione di ciascuno dei flussi e dei sistemi Kanban in modo indipendente ma interconnesso. In questo modo l’IT di Grow riesce mantenere affidabili e robusti i flussi a prescindere dal funzionamento del resto del sistema e allo stesso tempo disporre di un sistema complessivo sostanzialmente prevedibile e resiliente.

Il metodo Kanban mette a disposizione numerosi strumenti e un metodo di sviluppo evolutivo consolidato per arrivare a questo risultato, senza sostituire i metodi di service management e project management già in uso, ma semplicemente aiutando ad utilizzarli meglio e a potenziarli, come avvenuto in Grow.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Webinar: ridurre dell’89% i tempi di risposta con Kanban

Tutti i team di tutte le organizzazioni hanno un problema in comune: troppe cose da fare, e troppo poco tempo per farle. Spesso il problema non dipende da fattori esterni, ma dal modo di lavorare del team. Si può però riuscire a ridurre dell’89% i tempi di risposta con Kanban.

La curva di distribuzione del tempo necessario al team HR per l’onboarding dei nuovi dipendenti, dopo un anno dall’introduzione di Kanban

In questo webinar approfondisco alcuni aspetti già raccontati in un case study pubblicato sul portale Kanban+ della Kanban University. E’ la storia di un team HR con cui collaboro, che grazie al metodo Kanban ha ridotto appunto dell’89% il tempo necessario per l’onboarding dei nuovi dipendenti. Sembra incredibile ma non lo è, perché l’applicazione di Kanban aiuta il team a portare alla luce le inefficienze del flusso di lavoro e a rimuoverle.
Nel webinar spiego come abbiamo fatto, entrando maggiormente nel dettaglio degli aspetti tecnici e metodologici applicati e di come funziona il coaching Kanban.

Potete accedere alla registrazione del webinar cliccando qui.

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Learning with Kanban when it is necessary to lead a teenager by example

“You must be the change you wish to see in the world.” – Mahatma Gandhi

OpenArt AI generated image

“These are last weeks metrics, folks.”

“Are you sure Dad?”

“Yes I am, have a check Son.”

“You didn’t do much, did you?”

“Sorry?”

“Your card count is half as much as Mum’s…”

“Let me check…. yes, it is, but…”

“…but you Dad have to catch up with Mom as well!”

“Correct, I have to catch up with Mom, you have to catch up with me, we all have to catch up with Mom! Let’s do something about it this week.”

“Sounds fair, you first please.”

“I go first of course”

“Thanks Dad.”

This conversation and the characters represented in it are purely fictional for the sake of explaining some Kanban Method to the folks

I originally posted this article on LinkedIn on July 19, 2024

Migliora il tuo modo di lavorare con Kanban: come analizziamo in modo visuale i flussi di lavoro alla ricerca di potenziali miglioramenti

Il metodo Kanban aiuta a migliorare il modo di lavorare e negli articoli che trovate nel blog ho raccontato come questo sia stato attuato nelle aziende con cui collaboro. In questo articolo vorrei raccontare invece come funziona ‘dietro le quinte’, come insieme alle persone dei team coinvolti analizziamo in modo visuale i flussi di lavoro alla ricerca dei potenziali miglioramenti. L’esempio nel seguito si riferisce al dipartimento risorse umane del quale parlo in un caso di studio pubblicato recentemente e al suo flusso di lavoro per l’onboarding dei nuovi dipendenti.

Lavagna su Miro utilizzata insieme al dipartimento risorse umane per analizzare i flussi di lavoro

Per fare l’analisi iniziale dei flussi, di solito chiedo di incontrare il team in presenza. Il primo impatto è fondamentale per stabilire una relazione con le persone coinvolte. Creare un buon clima di collaborazione aiuta più tardi a fare emergere alcuni dettagli che altrimenti sfuggirebbero. Conoscere le persone nel loro ambiente di lavoro aiuta anche a cogliere alcuni non detti che possono essere importanti.

1. Prima mappatura dei processi e misurazione su foglio Excel

Per prima cosa quindi abbiamo mappato i flussi di lavoro su una lavagna bianca fisica, usando post-it e pennarelli. Abbiamo proceduto in modo estremamente informale, non ci siamo preoccupati della notazione utilizzata, l’importante era che il flusso di lavoro fosse chiaro e comprensibile alle persone presenti, che poi erano quelle che avrebbero dovuto leggere e usare il diagramma. Questo approccio poco formale aiuta a coinvolgere anche le persone con poca o nessuna conoscenza dei metodi di rappresentazione dei processi. Scherzando per sdrammatizzare con chi è abituato ad approcci più formali di rappresentazione, dico che scriviamo i processi con notazione BPMN che però nel nostro caso significa Brutal Process Marco’s Notation.

Per far cogliere immediatamente il senso del lavoro e anche per arrivare rapidamente a qualche risultato, una volta definito il flusso e individuate le sue fasi, con il nostro team di risorse umane abbiamo cominciato a misurare il flusso a mano, segnandoci su un foglio Excel i tempi di attraversamento delle varie fasi del flusso. Queste misure ci hanno permesso di disegnare i primi grafici di densità di distribuzione del Lead Time e cominciare a comprendere le dinamiche dei flussi di lavoro. E’ bastato questo per individuare alcuni evidenti colli di bottiglia verso i quali indirizzare le azioni di miglioramento, che hanno portato nel giro di un solo mese al dimezzamento del Lead Time medio, ma soprattutto ad avere una curva di distribuzione Thin-tailed. In pratica avevamo dimezzato e reso più certo il tempo necessario per l’onboarding dei nuovi dipendenti dell’azienda.

2. Analisi STATIK del servizio

A questo punto abbiamo svolto l’analisi STATIK del servizio di onboarding. STATIK sta per Systems Thinking Approach to Implementing Kanban ed è un approccio sistemico che permette di analizzare e mappare le fonti di insoddisfazione, la domanda, le capability del sistema, il flusso di lavoro e le classi di servizio per arrivare a definire una prima versione di un sistema Kanban. Essendosi ormai affiatato il team, anche grazie ai primi promettenti risultati, questo lavoro è stato svolto in parte da remoto. Abbiamo svolto il lavoro in ogni caso su lavagna virtuale Miro, sulla quale compilavamo un template STATIK Canvas, strumento efficacissimo per procedere rapidamente in modo visuale e ordinato.

3. Evoluzione dei processi su lavagna virtuale

Messo a punto il primo sistema Kanban, abbiamo cominciato a evolverlo progressivamente e sperimentalmente. Abbiamo rivalutato periodicamente tutti i flussi di lavoro, alla ricerca di semplificazioni e linearizzazioni. Per visualizzare questo lavoro abbiamo utilizzato di nuovo la lavagna Miro, sulla quale abbiamo mappato la seconda versione dei flussi, sempre con la solita notazione brutale. Da lì in poi abbiamo fatto periodicamente riflessioni e sperimentazioni, aggiornando i flussi sulla lavagna quando queste ultime avevano successo.

4. Kanban board elettronica con misurazione

Nel nostro percorso evolutivo il team ha cominciato con il tempo ad avvertire il bisogno di fare un uso più avanzato delle pratiche Kanban di visualizzazione e gestione del flusso di lavoro, potendo disporre anche di uno strumento di misura più agevole di quanto non fosse il foglio Excel, per cui dopo qualche mese abbiamo cominciato ad utilizzare una kanban board virtuale su Kanban Zone. Questo passaggio di ha permesso una migliore gestione dell’attività e un monitoraggio più accurato e completo delle metriche di flusso, potendo continuare il nostro percorso di evoluzione sperimentale e collaborativa con strumenti visuali.

L’evoluzione progressiva dei flussi di lavoro ha portato infine il team, nel giro di un anno, a ridurre dell’89% il tempo necessario per l’onboarding dei nuovi dipendenti. Questo percorso ha portato a rivalutare il sistema informativo aziendale dell’HR, che sta venendo costantemente aggiornato recependo i flussi aggiornati insieme a tutte le logiche e le misure del sistema Kanban. E il viaggio continua….

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
Visita Kanban Help – www.kanban.help – per conoscere gli strumenti formativi e di coaching che ti possono aiutare a introdurre il metodo Kanban nella tua azienda.

Migliora le tue risorse umane con Kanban: Kanban in HR – Scaling Kanban in an HR department at Grow (Italy) (case study in inglese)

In questo articolo racconto la storia vera, anche se con nomi di fantasia, di come un cambiamento evolutivo basato su Kanban abbia aiutato un dipartimento di risorse umane a migliorare drasticamente le proprie prestazioni, in un percorso da Team-focused (livello di maturità 1) a Fit-for-purpose (livello di maturità 3) nella scala del Kanban Maturity Model (KMM).

Perché il metodo Kanban non è efficace solo nel mondo dell’IT, ma si può applicare a tutti i servizi aziendali e ai servizi professionali in genere.

Grow, azienda in forte crescita, eroga servizi per i quali è necessario mantenere il personale a livelli prestabiliti per ragioni normative, contrattuali e di qualità, indipendentemente da ciò che accade “dietro le quinte”. Le risorse umane hanno quindi un ruolo centrale nell’azienda, garantendo i livelli di personale in ogni circostanza, e molto spesso si sono trovate a essere il collo di bottiglia per la crescita dell’azienda.

Il problema

Quando ho cominciato ad affrontare la situazione insieme alle responsabili, le risorse umane di Grow si trovavano a essere sovraccariche e a non riuscire a recuperare gli arretrati. Qualunque soluzione software fosse implementata a supporto non riusciva in alcun modo ad alleviare il problema. La sensazione delle persone era di non avere il controllo di ciò che facevano e nei periodi di picco si trovavano a fare gli straordinari di notte e durante il fine settimana per completare il lavoro.

Come primo intervento abbiamo mappato il processo di onboarding, quello più critico. Abbiamo quindi iniziato a misurare sia il tempo dei singoli step del processo, sia il tempo complessivo di onboarding, quello che in Kanban chiamiamo Lead Time. Dalle misure abbiamo scoperto che mediamente il Lead Time era di 14 giorni, anche se i valori erano statisticamente molto dispersi, si andava da 1 giorno nel migliore dei casi a 96 giorni nel peggiore. Ma abbiamo anche cominciato a capire quali step del processo costituivano il vero collo di bottiglia.

La soluzione

La responsabile dell’onboarding ha lavorato da subito su uno step individuato come collo di bottiglia (la firma digitale del contratto da parte dei candidati) e con una serie di accorgimenti è riuscita ad abbattere il tempo medio di attraversamento di tale step. Grazie a questo, dopo un solo mese il tempo di onboarding complessivo era sceso da 14 giorni a 6 giorni, ma soprattutto la dispersione dei valori era scesa a valori ragionevoli. La distribuzione dei tempi di risposta del servizio era come in figura, tempo più probabile di 4 giorni, con il 91% dei casi entro 8 giorni, valore massimo 19 giorni, cominciava ad avere un senso statistico. E’ stato quindi definito un livello di servizio da esporre alle altre funzioni aziendali che facevano richiesta di personale e che costituivano i clienti interni delle risorse umane di Grow.

Distribuzione dei tempi di risposta del servizio di Onboarding di Grow a marzo 2023

Da allora, grazie a ulteriori perfezionamenti, i flussi di lavoro di Onboarding sono diventati sempre più prevedibili e affidabili. Non sono state più necessarie notti e weekend di lavoro e, grazie alla visibilità resa possibile da Kanban, si è messo progressivamente sotto controllo il processo. Nel corso di un anno, con miglioramenti continui, il lead time è sceso ancora e a marzo 2024 il lead time più probabile era di un 1 giorno, nel 97% dei casi le persone venivano inserite entro 6 giorni e il lead time medio era di un giorno e mezzo.

Distribuzione dei tempi di risposta del servizio di Onboarding di Grow a marzo 2024

Estensione di Kanban ad altri processi

Nel frattempo abbiamo esteso il sistema Kanban anche al processo a monte, quello di selezione del personale. Inoltre, incoraggiata dal successo dell’iniziativa, Grow ha previsto l’estensione di Kanban ai principali processi aziendali anche al di fuori delle risorse umane.

Se siete interessati a leggere il case study completo potete cliccare sul link sottostante o contattarci per saperne di più.

Leggi il case study sul sito Kanban+ della Kanban University

Ho pubblicato originariamente questo articolo per il portale Kanban Help, al quale collaboro insieme al collega Luca Gambetti.
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